Già nella Grecia antica chi costruiva abusivamente poteva farsi perdonare. Pagando.
Turisti in visita all’Acropoli di Atene. Anche qui c’erano problemi di abusi edilizi...
Uno dei primi casi risale alla fine del VI secolo a. C.: il tiranno ateniese Ippia requisì i piani superiori delle abitazioni costruite abusivamente sulla pubblica via, dando però l’opportunità ai proprietari di riscattarli con un congruo versamento di denaro.
Anche nel diritto romano, forse già in epoca repubblicana, esisteva uno strumento per la tutela dei luoghi pubblici (interdictum ne quid in loco publico fiat, divieto di costruzione nei luoghi pubblici), grazie al quale un cittadino poteva chiedere alle autorità di impedire che venisse eretta una costruzione abusiva.
MAGISTRATI. Se l’edificio fosse stato tuttavia portato a termine, il privato avrebbe potuto comunque denunciare il fatto al magistrato, che avrebbe dovuto valutarne il grado di dannosità (per la vista, l’accesso ecc.) ed eventualmente ordinarne la demolizione. Se invece la costruzione non pregiudicava l’uso pubblico dell’area, si imponeva al proprietario il pagamento di un’imposta.
Secondo il giurista Ulpiano (III sec. d. C.), questa procedura serviva ad accrescere le finanze della città.
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