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Visualizzazione dei post da dicembre, 2019

I cambiamenti climatici rendono l'alpinismo sempre più rischioso

L'alpinismo deve tenere conto di un ambiente di montagna in continua mutazione a causa dei cambiamenti climatici. Cambiamenti climatici - Le montagne sono ambienti sempre più pericolosi per l'alpinismo, a causa dello scioglimento dei ghiacci prodotto dall'aumento delle temperature. Quasi ovunque nel mondo l'alpinismo d'alta quota è un'attività sempre più pericolosa a causa dei cambiamenti climatici. L'allarme non arriva dalle guide alpine, né da alpinisti di vario livello, ma da esperti e scienziati che tutti dovrebbero ascoltare. Frane e valanghe diventano sempre più frequenti anche dove mai prima si verificavano: parliamo di sport e di sfide, tralasciando per l'occasione ciò che questo significa per l'ambiente e le popolazioni. Per quanto riguarda le sfide, i cambiamenti mettono a rischio chi fa alpinismo su pareti di roccia e ghiaccio, molto più a rischio che non decenni fa. Il permafrost, ossia lo strato di suolo permane

Solstizio d'inverno 2019: il 22 dicembre inizia la stagione invernale

22 dicembre 2019, ore 5:19 - Il solstizio apre l'inverno astronomico: guida alla notte più lunga dell'anno e al significato che ha assunto nella Storia. Il 22 dicembre 2019 l'inverno astronomico incontra quello meteorologico, che ci accompagna già da qualche settimana (anche se non sembrerebbe...). Domenica 22 dicembre, ore 5:19: mentre molti di noi si staranno rigirando sotto il piumone, la Terra si presenterà puntuale a un appuntamento astronomico ricco di significato, quello con il  solstizio d'inverno . Chi vive nell'emisfero settentrionale, in questa giornata sperimenterà il dì più breve e la notte più lunga dell'anno. Il solstizio segna il momento in cui il Sole si trova direttamente sopra al Tropico del Capricorno a una latitudine di 23,5 gradi sud, ovvero alla sua massima distanza al di sotto dell'equatore celeste: l'arco diurno descritto dal Sole nel suo percorso apparente da sud-est a sud-ovest è il più corto, ed ecco pe

Tecnologie: troppo tempo davanti allo schermo già a 12 mesi

Tecnologie: l'abitudine di restare troppo davanti a tv e cellulari inizia prima di quanto credessimo ed è legata ad alcune costanti socio-demografiche. Dipendenza da smartphone: non è mai troppo presto per prevenire. Incollati allo schermo ancora prima di aver imparato a camminare: il tempo medio che i bambini trascorrono in compagnia delle tecnologie che abbiamo in casa, davanti allo schermo di tv e cellulari, cresce esponenzialmente nei primi anni di vita, passando dai  53 minuti a 12 mesi di età  fino a quasi  150 minuti a 3 anni . È il quadro che emerge da una ricerca pubblicata su  JAMA Pediatrics , secondo la quale gli interventi per limitare questo modo di  ammazzare il tempo  risulterebbero più efficaci se adottati in  tenerissima età , prima che l'abitudine si consolidi. Lo studio individua inoltre alcuni fattori familiari e demografici correlati a un rischio maggiore di "dipendenza da tecnologia",  se così si può definire : lo  scherm

Perché quando siamo spaventati ci immobilizziamo?

Uno studio sulle drosofile individua nella serotonina il "freno a mano" che congela il movimento in caso di minaccia improvvisa: una pausa provvidenziale. Una drosofila momentaneamente immobile (ma non sappiamo se per la paura).  Un animale illuminato di notte dai fari di un'auto esita sempre per qualche istante, prima di darsi alla fuga: è un momento di immobilità tonica che i biologi chiamano  freezing , o congelamento, una risposta fisiologica a un potenziale pericolo. Questa reazione riguarda anche l'uomo, e ora uno studio (pubblicato su  Current Biology ) sembra avere identificato la sua origine chimica. Secondo i ricercatori della Columbia University che hanno studiato il freezing nei moscerini della frutta ( Drosophila melanogaster :  una vecchia conoscenza in questo tipo di studi ) a scatenare il blocco sarebbe un improvviso rilascio di  serotonina , una sostanza chimica di norma associata alla regolazione dell'umore. La paura ha basi sim

Smettere di fumare: che fine fa il disgusto della prima sigaretta?

I neuroni responsabili del disgusto provato da chi fuma per la prima volta potrebbero essere la chiave per uscire dalla dipendenza da nicotina e smettere di fumare. Per smettere di fumare bisogna sfruttare il disgusto provato con la prima sigaretta. Chi ha provato a fumare almeno una volta ricorda bene la sensazione di disgusto che si accompagna alla prima sigaretta. Ma perché dopo un impatto spiacevole, si decide comunque di continuare? Gli scienziati sanno da tempo che la nicotina produce due tipi di stimoli in apparente contrasto: da un lato il piacere, dall'altro l'avversione. Finora si pensava che le due opposte reazioni fossero riconducibili a recettori collocati in parti diverse del cervello, ma una nuova ricerca pubblicata su  Proceedings of the National Academy of Sciences  sembra contraddire questa ipotesi. Le sensazioni di benessere e disgusto scatenate dal fumo sono percepite da diverse popolazioni di neuroni  collocate tutte nella stessa area