Dopo cinque anni si conclude l'odissea della sonda giapponese, arrivata infine a destinazione, attorno a Venere: ora comincia la missione scientifica.
La superficie di Venere è stata mappata dalla sonda Magellano della Nasa (1990-94), che l'ha rilevata via radar, perché dense nubi nascondono perennemente la superficie del pianeta. È attualmente la migliore mappa del pianeta e, per qualità, è paragonabile alle mappe fotografiche in luce visibile che abbiamo di altri pianeti.
OK, ce l’ha fatta! Akatsuki è senza ombra di dubbio in orbita attorno a Venere. Una missione che ha quasi dell’incredibile per quanto è avvenuto dalla partenza, il 20 maggio 2010, fino a oggi.
La sonda giapponese sarebbe dovuta entrare in orbita venusiana il 7 dicembre 2010, ma un problema ai computer di bordo provocò lo spegnimento dei motori che avrebbero dovuto frenare la sonda in prossimità di Venere dopo 2 minuti dall’accensione, quando sarebbero dovuti rimanere accesi per almeno 9 minuti.
Si pensò al fallimento totale, in quanto la sonda proseguì il viaggio senza inserirsi in orbita venusiana su una traittoria che l’ha portata fino a 80 milioni di chilometri dal Sole, più di 20 milioni di chilometri oltre la sua destinazione. Ma gli ingegneri giapponesi non si diedero per vinti e riuscirono a trovare il modo per far tornare la sonda in prossimità di Venere e farla infine inserire in orbita. Cinque anni dopo la data di arrivo prevista.
JAXA E NASA. Anche la Nasa si è complimentata, a maggiore ragione perché la Jaxa, l’agenzia spaziale giapponese, ha chiesto a otto scienziati dell’ente spaziale americano di unirsi ai propri ricercatori per analizzare i dati che arriveranno dalla sonda.
Akatsuki, che in giapponese significa alba, si trova ora in un’orbita fortemente ellittica, che la porta da 400 a 440.000 chilometri dalla superficie, e inclinata di soli 3 gradi rispetto all’orbita di Venere. « È davvero l'alba di un nuovo giorno per la scienza di Venere. La Jaxa ha dato vita a un miracolo tecnologico nel riportare di nuovo la sonda all’obiettivo primario», ha dichiarato Jim Green, direttore delle scienze planetarie della Nasa. Dato il tipo di orbita molto allungata, la sonda impiega 13 giorni e 14 ore per compiere una rotazione attorno al pianeta. Nelle prossime settimane si cercherà, con una serie di piccole manovre, di accorciare il periodo di rotazione a 9 giorni, mentre il programma scientifico dovrebbe iniziare ad aprile 2016.
Nonostante il lungo periodo nel vuoto interplanetario e l’avvicinamento non voluto al Sole, gli strumenti di bordo funzionano alla perfezione e in particolare sono in piena attività l’Ultraviolet Imager (la fotocamera all’ultravioletto), la IR (la fotocamera a onde lunghe) e la IR1 (la fotocamera ad un micron).
La missione della sonda è soprattutto quella di studiare l’atmosfera del pianeta, i cui dati permetteranno di capire se attualmente esiste attività vulcanica sulla superficie e di appurare se si verificano fulmini: fenomeni che i dati della sonda dell’Esa Venus Express avevano fatto ipotizzare.
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