Le nane rosse, contrariamente a quanto si possa pensare, sono molto attive e possono rendere sterili eventuali esopianeti che orbitano attorno a loro nella "fascia di abitabilità"
Rappresentazione artistica dell’esopianeta Kepler-438b e della sua violenta stella madre. Il pianeta è spesso investito da violenti brillamenti ed espulsioni di massa coronale che potrebbero renderlo inadatto allo sviluppo della vita.
Le nane rosse sono stelle di piccola massa e relativamente fredde e prendono il nome dal tipico colore rossastro che le caratterizza. La loro temperatura superficiale è inferiore a circa 3.500 °K, contro i quasi 6.000 °K del Sole.
Sono le stelle più diffuse nell'Universo, costituiscono infatti quasi il 70% di tutte le stelle presenti nella Via Lattea e recenti studi indicano che il loro numero potrebbe raggiungere anche l'80%. Hanno masse comprese tra il 40 e l’8% di quella del Sole, un valore quest'ultimo che costituisce il limite minimo perché una stella possa definirsi tale. Al di sotto di questo limite, infatti, non si realizzano le condizioni di temperatura e pressione necessarie ad innescare le reazioni di fusione termonucleare dell'idrogeno in elio.
Al di sotto di questa massa limite si trovano le nane brune, oggetti che possiedono una massa troppo piccola per poter innescare le reazioni di fusione nucleare, ma comunque nettamente superiore a quella di un pianeta. Le nane rosse emettono una debole quantità di luce, spesso inferiore a un decimillesimo della quantità di radiazione emessa dal Sole e anche le nane rosse più massicce arrivano a emettere al massimo il 10% della luminosità della nostra stella.
L'APPARENZA INGANNA. Saremmo quindi tentati di pensare che le stelle più piccole e fredde siano anche più tranquille. E invece un recente studio ha confermato quanto si sospettava da tempo e cioè che le nane rosse mostrano spesso un’attività molto sostenuta, conbrillamenti ed espulsioni di massa coronale (Coronal Mass Ejection, CME) molto più intensi e frequenti rispetto a stelle di tipo solare. Così, i pianeti che sono stati scoperti orbitare attorno ad esse, pur trovandosi nella cosiddetta fascia di abitabilità, potrebbero essere stati resi del tutto inospitali alla vita proprio a causa dei continui bombardamenti di radiazioni ionizzanti e degli impatti di nuvole di plasma e particelle energetiche provenienti dalle loro stelle madri.
A sottolineare questa possibilità è un recente di un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Warwick (Regno Unito), coordinato da David Armstrong.
UN OSTACOLO PER LO SVILUPPO DELLA VITA. In questo lavoro vengono analizzate le caratteristiche delle nane rosse attorno alle quali orbitano i pianeti finora noti con caratteristiche simili alla Terra e che sembrerebbero i più promettenti per ospitare la vita, come Kepler-438b, l’esopianeta più simile al nostro finora conosciuto. La sua atmosfera potrebbe essere stata strappata via dai super brillamenti (super-flare) della sua stella madre, una nana rossa da cui dista circa 25 milioni di km, grosso modo un sesto di quanto si trovi la Terra dal Sole.
Il prefisso “super” è d’obbligo parlando di questi fenomeni esplosivi che avvengono nell’atmosfera di queste stelle, in quanto tipicamente sono circa dieci volte più potenti di quelli solari. Ma il maggiore impatto sugli ambienti planetari sarebbe dovuto alle altrettanto violente CME emesse dalle nane rosse che spesso sono associate ai brillamenti.
«A differenza del Sole, relativamente quieto, la stella Kepler-438 emette poderosi brillamenti ogni poche centinaia di giorni, ciascuno più potente del più intenso brillamento mai registrato sul Sole» ricorda Armstrong. «È probabile che questi brillamenti siano associati a espulsioni di massa coronale, le quali potrebbero produrre effetti talmente gravi da compromettere l’eventuale abitabilità del pianeta».
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