L'analisi all'ultravioletto delle stelle più calde dell'ammasso ha permesso di ricostruire la storia della loro formazione, avvenuta circa 12 miliardi di anni fa. È probabile che i dischi progenitori di questi astri ruotassero molto più velocemente di quanto accade per le stelle normali.
L'ammasso globulare Omega Centauri ripreso dal telescopio VST dell'ESO con la sua Camera OmegaCAM. Si stima che in questa foto si vedano 300.000 stelle.
Negli ammassi globulari, raggruppamenti di stelle legate tra loro da mutua attrazione gravitazionale, esistono generazioni "multiple’’ di stelle, cronologicamente molto vicine, ma di composizione chimica profondamente diversa.
In Omega Centauri, il più ricco e splendido tra gli oggetti celesti di questo tipo che popolano la nostra Galassia, è stata scoperta già dieci anni fa la presenza di una generazione di stelle in cui la concentrazione di elio è assai maggiore di quella presente nella materia primordiale prodotta in seguito al Big Bang.
COME TROTTOLE. Uno studio internazionale guidato da ricercatori INAF e pubblicato oggi in anteprima sul sito della rivista Natureaggiunge nuovi e importanti risultati per ricostruire la storia della formazione di queste popolazioni "multiple" negli ammassi stellari.
Dall'analisi capillare delle stelle calde di Omega Centauri, osservate nell'ultravioletto con il telescopio spaziale Hubble delle agenzie spaziali NASA ed ESA, gli autori hanno mostrato come l'esistenza di questo gruppo implichi una rapidissima rotazione dei loro progenitori, contrariamente a quanto accade per le altre stelle.
COME SI SONO FORMATE. Queste stelle, dette "del blue hook", appartengono a uno stadio evolutivo avanzato delle stelle super ricche di elio, e alcune loro peculiarità indicano che si siano formate nel gas chimicamente anomalo, perso nei venti stellari dalle stelle primigenie, che si è accumulato nelle zone più centrali e dense dell'ammasso.
INTERAZIONI PERICOLOSE. Qui le stelle sono vicinissime tra loro e le perturbazioni gravitazionali, importanti soprattutto nelle prime fasi di evoluzione, possono distruggere l'esteso disco di accrescimento che solitamente accompagna la formazione stellare e che, come un giroscopio, stabilizza la stella neonata in lenta rotazione.
Rappresentazione artistica di una piccola porzione di stelle in formazione nell'ammasso stellare Omega Centauri. Nell'ingrandimento è evidenziato il disco di gas e polveri che circonda una di queste stelle e, con tratteggio bianco, la traiettoria di un altro astro che impatterà su di esso, distruggendolo. | MARCO GALLIANI - MEDIA INAF
«La frequenza degli incontri tra stelle e dischi protostellari alle alte densità stellari previste durante la formazione della "seconda generazione" di astri in Omega Centauri, è alta» spiega Marco Tailo, studente di Dottorato presso l'Università "La Sapienza" di Roma e associato INAF, primo autore della lettera. «Se la perdita del disco avviene nel primo milione di anni di vita della stella, quando è ancora estesa e poco densa, la sua successiva contrazione la fa accelerare fino a velocità di rotazione così alte da modificarne sensibilmente l'evoluzione successiva, quella che oggi la fa diventare una delle anomale stelle del blue hook».
RICERCA ITALIANA. Lo studio è il risultato di un lavoro di squadra tutto nostrano. Ricercatori italiani, presso le strutture INAF di Padova e Bologna, hanno la leadership della ricerca osservativa nello studio delle popolazioni multiple degli ammassi globulari.
Francesca D'Antona, corresponding author della lettera e associata INAF, spiega che «il gruppo dell'INAF-Osservatorio Astronomico di Roma ha avuto un ruolo predominante nello studio dei modelli stellari per la formazione delle anomalie chimiche nelle popolazioni multiple e nel predire la presenza di popolazioni con alta concentrazione di elio. Quest’ultimo lavoro è stato possibile unendo sinergicamente le competenze nel calcolo di modelli stellari di Paolo Ventura e del suo team, presso l'INAF-Osservatorio Astronomico di Roma, con quelle nel calcolo di modelli dinamici delle stelle degli ammassi di Enrico Vesperini all'Università dell’Indiana».
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