Una missione scientifica si propone di studiare l’interno di alcune tra le più famose Piramidi egizie. Utilizzando le emissioni infrarosse e i raggi cosmici.
È partita una nuova ricerca con lo scopo di verificare se nelle più importanti piramidi egizie vi sono ancora segreti da svelare. La ricerca terminerà nel 2016.
Ha preso il via in questi giorni in Egitto una nuova missione internazionale che si prefigge, se mai esistono, di svelare gli ultimi misteri di due piramidi di Giza (quella di Cheope e di Chefren) e di due di Dahshur, a sud del Cairo.
Si tratta di edifici già a lungo esplorati e studiati che hanno più di 4.500 anni. Dov'è dunque la novità? Nella tecnologia: il gruppo di lavoro, composto da ricercatori egiziani, francesi, canadesi e giapponesi, utilizzerà la più moderna tecnologia all’infrarosso e altri sistemi non distruttivi per vedere se nelle piramidi in questione ci sono ancora camere nascoste.
MUONI E RAGGI COSMICI. Una di queste tecniche utilizza i raggi cosmici, sebbene in modo "indiretto". Si usano in particolare i muoni, che sono particelle che si formano nell'atmosfera a causa del bombardamento dei raggi cosmici. Queste particelle hanno un’elevatissima capacità di attraversare la materia e quindi anche le rocce delle piramidi. Tuttavia una parte di esse viene assorbita dalle rocce stesse quando i muoni si scontrano con il nucleo degli atomi dei minerali.
Oggi ci sono strumenti che, analizzando il numero di muoni che vengono fermati dalle rocce, sono in grado di verificare se all'interno delle piramidi ci sono dei vuoti.
Una simile tecnica venne già usata per alcune piramidi dell’America Meridionale e per indagare le rovine del sito nucleare di Fukushima, in Giappone.
NON È LA PRIMA VOLTA. Già nel 1960 il fisico Luis Alvarez aveva utilizzato i raggi cosmici per verificare la presenza di camere nascoste, ma i risultati furono nulli. Certo è che la differenza di qualità degli strumenti usati oggi con quella di allora è abissale e dunque non sono da escludere risultati importanti.
LA MISTERIOSA PIRAMIDE DI BENT. «Potremo trovare la soluzione a tutti i misteri delle piramidi», ha spiegato Mehdi Rayoubi, fondatore dell’Istituto Hip con base a Parigi che partecipa al progetto. La tecnologia verrà dapprima messa in atto presso la Piramide di Bent a Dahshur, che si trova a circa 40 chilometri a sud del Cairo.
Venne costruita dal faraone Sneferu, circa 4.600 anni fa e al momento è nota la presenza di due camere. Ma diversi esperti hanno ipotizzato la presenza di altre camere che ora, con la nuova tecnologia, non dovrebbero sfuggire alle analisi.
La piramide di Bent è nota per il fatto che le sue pareti hanno una doppia pendenza: perché venne costruita così rimane un mistero, anche se si ipotizza che la pendenza data inizialmente alle pareti risultò troppo elevata, con il rischio che collassasse; fu così che - a circa 50 metri d’altezza - gli architetti egizi decisero di inclinare maggiormente i lati.
ALLA RICERCA DI NEFERTITI. La medesima tecnologia potrebbe essere utilizzata anche per scandagliare la tomba di Tutankhamon, dove secondo l’archeologo britannico Micholas Reeves si potrebbe nascondere il corpo della regina Nefertiti.
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