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Le misure contano: quando il mangiare dipende dal piatto

Una ricerca dimostra che le porzioni in tavola sono determinanti per la quantità di cibo consumato.

porzioni
Piatto ricco mi ci ficco, dice un vecchio detto. Secondo i ricercatori dell'Università di Cambridge il problema è più serio di quanto sembri. La ricerca, pubblicata sul Cochrane Database of Systematic Reviews, ha combinato i risultati di altri 61 studi sul tema, mettendo insieme un totale di 6.711 partecipanti. Dimostrando che se si diminuissero le misure di stoviglie, packaging e cibo si otterrebbe un consumo giornaliero dal 12 al 16 percento inferiore in Gran Bretagna (con una corrispondente riduzione di 279 kcal) e dal 22 al 29 percento negli Stati Uniti (527 kcal).


I PREZZI. Le azioni possibili per raggiunugere questi risultati dovrebbero prendere avvio dal prezzo di vendita al pubblico: con le politiche di promozione e sconti della grande distribuzione, è troppo bassa la differenza di prezzo tra un pacco di dimensioni maggiori e lo stesso prodotto nelle confezioni più piccole. Nel suo rapporto La politica alimentare: come l'industria alimentare influenza nutrizione e salute, l'Osservatorio Nestlè sottolinea il fatto che le aziende alimentari aumentano le dimensioni della porzione per vincere in modo più semplice la competizione, secondo il principio che i consumatori sono attratti dalle grandi porzioni anche perché "non c'è qualcuno che dica loro di non farlo".


IN AMERICA. In un commento sul Journal of the American Dietetic Association, il giornalista e medico Brian Wansink descrive la distorsione delle porzioni avvenuta tra il 1970 e il 2000 in America: e lajumbo-size, nei ristoranti, è il 250% più grande di una porzione regolare. Una tendenza che si è trasferita fin dentro le case: la misura dei piatti e dei bicchieri, persino dei tavoli da pranzo, è aumentata del 36% dal 1960. E per riempire quei piatti, l'edizione 2006 di Joy of Cooking (il best seller dei ricettari Usa) includeva ricette incrementate del 62% rispetto alle stesse della prima edizione, del 1920 - che era già un periodo di grande euforia economica.

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