Il rapporto del Wwf sullo stato di salute del nostro Pianeta e dei suoi oceani lascia pochi dubbi: i pochi interventi positivi non compensano i danni che procuriamo all'ecosistema.
Delfini al largo della California.
Un nuovo allarme sulla salute dei mari arriva dal Living Blue Planet Report (qui in pdf), studio del Wwf e della Zoological Society di Londra. In particolore, il rapporto evidenzia il marcato calo di popolazione marina in tutto il mondo, con punte emblematiche, come la riduzione del 74% di tonni e sgombri.
Una delle soluzioni proposte è la creazione di zone protette come quella del Santuario Pelagos, un'area di 87.500 kmq di mare tra Italia, Montecarlo e Francia per la protezione dei mammiferi marini, che sta dando buoni risultati (seppure al di sotto delle aspettative). È una delle "case" predilette dai cetacei del Mediterraneo: lo dimostrano i dati dell'Istituto Tethys, che da 28 anni monitora i cetacei del Santuario per 5 mesi l'anno. «Sono state individuate le rotte della balenottera comune, che in tarda primavera attraversano il Mediterraneo da sud a nord per raggiungere il Santuario, dove troveranno cibo durante l'estate», commenta Sabina Airoldi, direttore del Cetacean Research Project. «Una stima approssimativa elenca infatti più di 8.500 specie di animali microscopici, che rappresentano tra il 4% e il 18% delle specie marine di tutto il mondo.»
Nonostante i successi, il Santuario Pelagos è minacciato dalle città lungo le coste, dalle attività industriali, dai trasporti marittimi e persino dal whale-watching. «Siamo in grado di proteggere realmente solo l'1% del bacino, ben al di sotto del 10% come richiesto entro il 2020 a livello internazionale: con un Santuario protetto come si deve, l'area del Mediterraneo effettivamente tutelata salirebbe al 4,5%», afferma Airoldi.
«I risultati esposti col Living Blue Planet Report richiedono un cambio di marcia», dichiara Marco Lambertini (Wwf International). Sul tema dei danni all'ecosistema e del progressivo calo di popolazione marina, il Wwf punta il dito sulla pesca indiscriminata, senza regole, che stermina i pesci più velocemente di quanto si riproducano. Anche il riscaldamento globale fa la sua parte: ha deteriorato gli habitat - si legge nel rapporto - come le foreste di alghe e le coperture di mangrovie, dove molte specie depongono le uova. E l'anidride carbonica sta elevando sempre più rapidamente il tenore di acidità dell'acqua, spingendo molte specie alla ricerca di nuovi habitat, più in profondità o più in superficie, se non addirittura verso l'estinzione.
Lo studio del Wwf snocciola una serie di contromisure, dalla "pesca rispettosa", al controllo delle emissioni di CO2, a nuove soluzioni di smaltimento dei rifiuti. Ma condizione degli oceani e contromisure sono "cose" già lette e già dette: riusciremo prima o poi a metterle in pratica?
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