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Il ciclo del ghiaccio sul nucleo della cometa Churymov-Gerasimenko

Sui nuclei cometari è presente un ciclo del ghiaccio, la cui abbondanza varia periodicamente, in funzione della rotazione, tra l’emisfero notte e quello illuminato dal Sole

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Mappe nel visibile (a sinistra) e in falsi colori (al centro) della concentrazione del ghiaccio d'acqua e della temperatura (a destra) superficiali della regione Hapi, sul “collo” della cometa (nel riquadro), ottenuta con osservazioni effettuate il 12 (in alto), il 13 (in mezzo) e il 14 (in basso) settembre 2014. Confrontando le due serie di mappe è facile notare come a temperature più elevate corrisponde una minore abbondanza di ghiaccio superficiale.
Anche sulle comete esiste un “ciclo dell’acqua” o meglio del ghiaccio, sebbene sia nettamente diverso da quello che è presente sulla Terra. Così, almeno, avviene sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenkoin corrispondenza del “collo” che congiunge i due lobi che formano ilnucleo cometario, dove è in atto un vero e proprio ciclo idrologico in miniatura. In pratica, in alcune zone il ghiaccio d’acqua scompare di giorno e riappare di notte.

Il ghiaccio di acqua sublima quando una regione del nucleo è illuminata dal Sole, trascinando con sé delle polveri; poi quando, ogni 6 ore circa, la rotazione del nucleo stesso attorno al proprio asse fa scendere la notte su questa regione, il ghiaccio riaffiora di nuovo in superficie.

UNO STRUMENTO E UNA SCOPERTA ITALIANI. La scoperta è stata effettuata dallo spettrometro ad immagini VIRTIS (Visible InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer), uno strumento tutto italiano a bordo della sonda Rosetta, che ha rilevato questo fenomeno in una regione sul nucleo della cometa di circa un chilometro quadrato dove il ghiaccio appare e scompare con regolarità a ogni rotazione.

Al momento delle osservazioni, la cometa si trovava a una distanza dal Sole intorno ai  500 milioni di km. L'identificazione di questo ciclo potrebbe costituire un tassello di fondamentale importanza nello studio della relazione tra le attività del nucleo e la conseguente sublimazione dei ghiacci.

«Abbiamo trovato ciò che tiene "viva" la cometa, rifornendo la superficie del nucleo con ghiaccio fresco ad ogni rotazione» spiega Maria Cristina De Sanctis dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF-IAPS) di Roma, prima autrice dello studio pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature.

Il team ha analizzato una serie di osservazioni della regione Hapi effettuate da VIRTIS nel settembre 2014 in differenti condizioni di illuminazione, dettate dalla rotazione del nucleo della cometa, che impiega circa 12 ore per completare un giro. «Abbiamo visto tracce di ghiaccio d'acqua nella zona della cometa che abbiamo analizzato, ma solo quando questa si trovava nell’ombra», dice Maria Cristina De Sanctis. «Quando il Sole splendeva sulla stessa regione, invece, il ghiaccio era scomparso. E questo è un chiaro indizio di un andamento ciclico della presenza di ghiaccio d'acqua superficiale ad ogni rotazione della cometa» continua De Sanctis.

Il ciclo dell’acqua sulla superficie del nucleo della cometa Churymov-Gerasimenko. | ESA/ROSETTA/VIRTIS/INAF-IAPS/OBS DE PARIS-LESIA/DLR; M.C. DE SANCTIS ET AL (2015)

IL CICLO DEL GHIACCIO. Quando le comete si avvicinano al Sole, il nucleo si riscalda e vari materiali ghiacciati sublimano trasformandosi in gas. Acqua, ma anche ossido di carbonio e anidride carbonica, vengono emessi dalla cometa per andare a formare la sua chioma e la sua coda.

Dall’analisi dei dati di VIRTIS risulta che il ghiaccio interessato dal ciclo si trova entro i primissimi centimetri di sottosuolo. Quando arriva l’alba, il ghiaccio presente sulla superficie fino ad alcuni centimetri di profondità, esposto al calore del Sole, inizia a sublimare, cioè a passare dallo stato solido a quello gassoso.

Con il passare delle ore, la regione entra nella zona d’ombra e la superficie si raffredda molto rapidamente. Almeno inizialmente, però, gli strati più in profondità rimangono caldi, in quanto il calore accumulato durante il periodo di esposizione al Sole impiega tempo a disperdersi nello spazio per cui i ghiacci all'interno del nucleo continuano a sublimare. Quando il vapore d’acqua, facendosi strada attraverso la struttura porosa della crosta che ricopre il nucleo della cometa, raggiunge la superficie che nel frattempo si è già raffreddata, si ghiaccia di nuovo. Alla rotazione successiva, quando la regione è nuovamente esposta alla luce del Sole, questi "nuovi" ghiacci saliti dalle profondità del nucleo iniziano a sublimare, chiudendo il ciclo.

UN MISCUGLIO DI DETRITI ROCCIOSI E GHIACCI. I dati raccolti hanno permesso di stimare l’abbondanza di ghiaccio d’acqua presente sulla cometa Churyumov–Gerasimenko rispetto ad altri materiali. Nella regione Hapi esaminata, nello strato fino a qualche centimetro di profondità è stato possibile  stimare che l’acqua rappresenta il 10-15% dei materiali di cui è costituita la crosta e  sembra essere ben mescolato con gli altri componenti.

 

Il vapore acqueo emesso nell’area costituisce circa il 3% del vapore acqueo totale prodotto dall’intera superficie del nucleo della cometa durante il periodo esaminato secondo le misure di un altro strumento, MIRO (Microwave Instrument for the Rosetta Orbiter). E’ molto probabile che lo stesso ciclo del ghiaccio d’acqua esista anche in altre aree della cometa ma per ora solo i dati raccolti nella regione di Hapi e relativi al settembre 2014 sono stati analizzati. Lo studio continuerà con l’analisi di dati del periodo successivo per estendere questo tipo di ricerca.


«Sospettavamo che simili cicli di ghiaccio potessero essere all'opera nelle comete, sulla base di modelli teorici e precedenti osservazioni di altre comete, ma ora, grazie a Rosetta, abbiamo finalmente le prove visive», spiega Fabrizio Capaccioni anch’egli dello IAPS-INAF e responsabile scientifico dello strumento VIRTIS. «È possibile che lo stesso ciclo diurno fosse all'opera in molte altre aree sulla superficie», aggiunge Capaccioni.

«Questi risultati iniziali ci offrono una breve occhiata a ciò che sta accadendo al di sotto della superficie, all'interno della cometa», spiega Matt Taylor dell'ESA; «Rosetta è in grado di monitorare cambiamenti sulla cometa sia su breve che su lunga scala. Ora metteremo assieme tutte queste informazioni per comprendere l'evoluzione di questa e altre comete».

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