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Come sopravvivere su Marte

Alla vigilia dell'uscita del film di Ridley Scott nelle sale italiane, ripercorriamo con un esperto i pericoli e le difficoltà con cui si scontreranno i primi, veri coloni marziani.

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Matt Damon nei panni dell'astronauta Mark Watney, lasciato solo su Marte.
Dal 1 ottobre affronteremo le insidie dell'habitat marziano insieme a Mark Watney, il protagonista del film Sopravvissuto - The Martian, che racconta di un astronauta abbandonato dal suo equipaggio su Marte in un (vicino) 2030.

Pur essendo un film di fantascienza, la pellicola di Ridley Scott, tratta dal romanzo L'uomo di Marte di Andy Weir, mostra alcune tecnologie a cui la NASA sta già lavorando, in vista di una reale missione umana sul Pianeta Rosso. Ma come sarebbe, davvero, la vita su Marte? Quali ostacoli dovrebbero affrontare i cosmonauti, una volta atterrati sulla sua superficie? Ce lo siamo fatti raccontare da un esperto di esplorazione marziana: Filippo Giacomo Carrozzo.

OLTRE OGNI LIMITE. Andare su Marte è una delle sfide più ambiziose che l'uomo si accingerà ad affrontare, nel prossimo futuro. La NASA ha già iniziato a testare la capsula che porterà la nuova generazione di esploratori spaziali ad affrontare il viaggio più affascinante e pericoloso che abbia mai deciso di intraprendere.

I piani per un ammartaggio sono già iniziati. Nel giro di un paio di decenni vedremo un uomo o una donna camminare sulla superficie di quel Pianeta Rosso che tanto ha stimolato l'immaginazione di scrittori e registi. Si tratterà di un'avventura lunga un anno e mezzo: saranno necessari dodici mesi per il viaggio di andata e ritorno e altri sei di permanenza.

OSTACOLI. Nella lunga missione spaziale, gli astronauti dovranno affrontare e risolvere vari problemi in altrettanti ambiti. Da quello medico-psicologico a quello energetico-alimentare, così come nel campo della sicurezza e della comunicazione. Potranno sempre contare sul supporto da Terra, ma in caso di emergenza, nessuno potrà andarli a salvare.

ISOLATI. A causa dell'enorme distanza tra i due pianeti, ci saranno difficoltà nelle comunicazioni per tutta la missione. Le frammentate trasmissioni radio avverranno con un ritardo medio di circa 13 minuti. Ciò significa che una comune conversazione, fra Terra e Marte, in tempo reale non è praticabile.

Le comunicazioni potrebbero perfino essere interrotte a causa di brillamenti solari o di frequenti tempeste di polvere che avvolgono l’intero pianeta come un’immensa coperta. In altre parole, i pionieri spaziali dovranno contare solo su loro stessi. Sulle loro capacità di sopravvivenza.

RADIAZIONI. Una volta su Marte dovranno fare i conti con l'assenza di un campo magnetico planetario. Questo, sulla Terra, ci protegge dai pericoli provenienti dallo Spazio. È una specie di enorme scudo spaziale in grado di deflettere le particelle cariche provenienti dal Sole, dannose per il nostro organismo. Ma la radiazione più pericolosa è quella dei raggi cosmici, particelle energetiche che si muovono ad altissima velocità. Possono distruggere persino le strutture del nostro DNA e farci ammalare di cancro, possibilità che su Marte aumenta.

INOSPITALE. Per proteggersi sarà necessario scegliere con cura il sito di atterraggio e posizionare il modulo abitativo nel sottosuolo o sotto una spessa coltre di sabbia. Marte non è un gran posto dove andare a vivere. Ad accogliere gli astronauti: un freddo estremo con una temperatura media di -60°C; un ambiente sterile, incredibilmente arido e polveroso; insieme a un'atmosfera rarefatta, dominata dalla presenza di anidride carbonica, in cui l'ossigeno da respirare è praticamente assente.

LA NUOVA "CASA". Tutto ciò rende Marte un posto ostile alla sopravvivenza dell'uomo. Senza una protezione, l'organismo umano non sarà in grado di resistere. Per rimanere in vita gli astronauti avranno bisogno di un modulo abitativo dove poter stare. All'interno di esso sarà costantemente riprodotta un'atmosfera artificiale simile a quella terrestre.

Se solo provassero a mettere il naso fuori dalla loro casa marziana, senza alcuna protezione, il loro sangue inizierebbe letteralmente a bollire per la forte differenza di pressione fra l'interno del loro corpo e quella dell'ambiente esterno.

RESPIRARE. L'alta concentrazione di anidride carbonica presente li avvelenerebbe, se non li cogliesse prima la morte per asfissia a causa dell'assenza di ossigeno. Ossigeno: per respirare ne abbiamo bisogno. Potranno portarlo dalla Terra, ma anche ottenerlo grazie all'impiego di organismi viventi come le piante in grado di generarlo naturalmente, riciclando l'anidride carbonica prodotta dagli astronauti. La loro coltivazione, possibile solo dopo aver eliminato gli elementi tossici presenti nel terreno marziano, potrà essere utile anche al loro sostentamento.

Coltivare su Marte.
BERE. Oltre all'ossigeno, l'acqua è l'elemento fondamentale per il mantenimento e la sopravvivenza dell'uomo. Con la tecnologia giusta, reperirla non sarà un grosso problema. In alcune aree è presente nel sottosuolo sotto forma di ghiaccio. Sarà possibile estrarla per berla, ricavare ossigeno da respirare e isolare l'idrogeno da usare come propellente.

DEPERIMENTO FISICO. Altra problematica da considerare, in una così lunga permanenza nello Spazio, è la reazione del nostro corpo in assenza-bassa gravità. In queste condizioni i muscoli perdono massa e le ossa si indeboliscono, rompendosi più facilmente. Per contrastare questi effetti, gli astronauti dovranno dedicare tempo all'attività fisica, almeno un paio di ore al giorno. Molti di noi troveranno questa attività noiosa, ma nel viaggio di esplorazione, compierla diventerà fondamentale.

UN VIAGGIO PROVANTE. Durante il viaggio di andata a "gravità zero", la spina dorsale tende ad allungarsi. Atterrati su Marte, ripristinata la gravità, pari a circa il 38% di quella terrestre, i dolori alla schiena possono essere molto forti con possibilità di incorrere in alcune patologie come l'ernia del disco. I pionieri dovranno poter svolgere in modo autonomo la riabilitazione necessaria a ripristinare le funzioni motorie ed essere pronti ad affrontare le varie attività in un ambiente a gravità ridotta.

LE TUTE. Presa dimestichezza con il nuovo ambiente gli astronauti dovranno dare un'occhiata all'esterno. L'idea non è, certamente, quella di rimanere rinchiusi dentro un laboratorio. Là fuori, ci sarà tanto da esplorare. Sulla Terra a proteggerci dalle ostili condizioni dello Spazio è la nostra atmosfera: una specie di immensa tuta spaziale che avvolge l'intero pianeta difendendoci dal freddo cosmico. Su Marte, che ha un'atmosfera molto più tenue, sarà necessario circondare gli astronauti con una mini atmosfera artificiale. Una tuta pressurizzata farà al caso loro.

PIÙ AGILI. A differenza delle tute usate nelle missioni lunari degli anni '60, quelle marziane dovranno essere meno ingombranti, più leggere e maneggevoli per permettere all'equipaggio di muoversi con maggiore libertà. Nei sei mesi di permanenza, le "passeggiate" marziane saranno più lunghe, e probabilmente sarà necessario eseguire operazioni di manutenzione anche all'esterno del modulo abitativo.

NOSTALGIA. Non sono da sottovalutare gli effetti dell'isolamento prolungato all'interno dello spazio ristretto di una base marziana. Depressione e irritabilità sono le più ovvie conseguenze. La lontananza dagli affetti sarà dura da gestire. Per questo le comunicazioni con i propri familiari dovranno essere frequenti, senza porre alcun limite. Se vorranno non solo sopravvivere, ma anche rendere la loro permanenza "piacevole", la scelta dei membri dell'equipaggio sarà di fondamentale importanza.

Il protagonista alle prese con la solitudine e l'isolamento.
PRONTI A TUTTO. Dovranno essere ottimi astronauti con una preparazione multidisciplinare. Ognuno di loro dovrà essere in grado, per esempio, di curare un ascesso o effettuare piccoli interventi chirurgici. Dovranno essere anche buoni compagni di viaggio con una spiccata capacità alla socializzazione. Si tratterà di un equipaggio composto da uomini straordinari in grado di sopravvivere nelle condizioni più avverse che siano mai state affrontate.

Nessuno conosce ancora i nomi dei futuri esploratori che voleranno verso Marte per posare il loro piede sulla sua superficie. Certamente, questa generazione di pionieri spaziali già vive fra noi.


Filippo Giacomo Carrozzo, autore di questo articolo, lavora presso l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF-IAPS) nel settore dell'esplorazione spaziale. Si occupa dello studio della superficie marziana e degli asteroidi, e collabora alle missioni Mars Express, MRO, ExoMars e DAWN.

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