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Insensibilità al dolore, un altro gene responsabile

Identificato uno dei fattori genetici da cui dipende la capacità di avvertire dolore, essenziale per stare alla larga dalle situazioni pericolose.

La sensibilità al dolore ci tiene alla larga dai potenziali pericoli.

Non essere in grado di provare dolore fisico potrebbe sembrare un vantaggio a chi ha una soglia del dolore molto bassa. Ma la sensibilità agli stimoli dolorosi è un meccanismo protettivo che ci tiene lontani dalle situazioni potenzialmente pericolose.

Un gene essenziale per la produzione dei neuroni sensibili al dolore è stato identificato da un gruppo di ricercatori dell'Università di Cambridge. La ricerca, pubblicata su Nature Genetics, si rivelerà importante per la cura delle persone affette da insensibilità congenita al dolore, così come nello sviluppo di farmaci antidolorifici.

REFRATTARI AL DOLORE. L'insensibilità congenita al dolore (CIP) o analgesia congenita è una rara malattia che comporta l'incapacità di avvertire sensazioni dolorifiche attraverso il tatto, caldo e freddo compresi. I bambini che ne soffrono sono per esempio incapaci di capire se si sono morsicati la lingua o mangiati troppo le unghie, e possono rimanere giorni con un arto rotto o un'infezione in corso prima che i genitori se ne accorgano. 

L'ORIGINE GENETICA. Attraverso una accurata analisi del DNA di 11 famiglie toccate dalla patologia, residenti tra Europa ed Asia e non imparentate fra loro, due gruppi di ricercatori hanno individuato la causa della malattia in 10 diverse mutazioni a carico del gene PRDM12 sul cromosoma 9.

Per essere affetti da CIP occorre essere portatori di entrambe le varianti difettose del gene, che sarebbe responsabile della produzione di cellule nervose sensibili al dolore durante lo sviluppo dell'embrione (una conclusione raggiunta analizzando cellule di topi e di esseri umani, nonché embrioni di rana). 

PROSPETTIVE IMPORTANTI. Il PRDM12 è il quinto gene implicato nell'assenza di percezione dolorifica scoperto finora: due dei cinque geni studiati sono già serviti allo sviluppo di nuovi farmaci antidolorifici che si trovano ora alla fase di sperimentazione clinica. Capire i meccanismi alla base della sensazioni dolorosa, o della sua assenza, è indispensabile per lo sviluppo di strategie che possano ridurre il dolore cronico.

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