Una spedizione di archeologi svedesi ha riportato alla luce li tempio di Gebel el Silsila risalente a 3500 anni fa, scoperto una prima volta a inizio Novecento e poi dimenticato per quasi un secolo.
Un team di archeologi svedese ha riportato alla luce un tempio vecchio di 3500 anni.
Dopo secoli di oblio un tempio di almeno 3500 anni fa ha rivisto la luce a Gebel el Silsila, la più grande cava di pietra dell'antico Egitto, a nord di Assuan. Annunciato pubblicamente nei giorni scorsi, il ritrovamento è stato effettuato dal team degli archeologi Maria Nilsson e John Ward della svedese Lund University, a capo del Gebel el Silsila Survey Project.
IL TEMPIO PERDUTO (DUE VOLTE). Non si tratta di una scoperta del tutto nuova: il tempio è infatti stato dimenticato per quasi un secolo. I resti della costruzione erano stati individuati in un momento imprecisato fra il 1906 e il 1925, e riportati nel 1934 su una mappa grossolana tracciata dall'egittologo tedesco Ludwig Borchardt, che attribuiva i ruderi alla XIX e XX dinastia. Da lì in avanti è caduto il silenzio, ma proprio analizzando quella mappa e confrontandola con una nuova mappa di Peter Lacovara, della Emory University, Nilsson e Ward sono stati in grado di individuare la posizione del santuario, che hanno cominciato a esplorare e analizzare nel 2012.
NON SOLO UNA CAVA. Gebel (el) Silsila, in antichità nota come Kheny o Khenu, è una gola rocciosa scavata dal Nilo fra i villaggi di Kom Ombo ed Edfu (in Alto Egitto, la zona meridionale del Paese). Dalle pareti della gola venivano estratte ingenti quantità di arenaria, tanto che gran parte parte degli edifici sacri più importanti dell'Antico Egitto furono costruiti utilizzando pietre provenienti da qui.
Il ritrovamento del tempio dimostra che il sito aveva un valore religioso già in epoche remote; non è stato possibile stabilire con certezza a quale divinità fosse intitolato, ma si trattava probabilmente di Sobek, il dio con la testa di coccodrillo che sovrintendeva alle acque e alle inondazioni del fiume.
Un cartiglio che ritrae il faraone Amenhotep III.
I RITROVAMENTI. Le fondamenta della struttura misurano 35 metri di lunghezza e 18 metri di larghezza; sono stati individuati quattro livelli di pavimento levigato, basi di colonne, mura interne ed esterne. Due frammenti in arenaria dipinti con immagini del cielo fanno supporre che il tempio fosse ricoperto da una volta stellata. La parte più antica è costruita con blocchi di calcare, un fatto insolito considerando che Kheny era una cava di arenaria, e risale probabilmente al momento in cui l'edilizia egizia passò definitivamente da un materiale all'altro.
Perline risalenti alla XVIII dinastia.
Gli scavi hanno portato alla luce anche pezzi di muratura e frammenti di calcare decorati, perline, cocci di vaso e ceramiche smaltate e uno scarabeo in origine dipinto di blu. I resti del tempio e i reperti certificano con precisione quattro periodi storici lungo un arco di quindici secoli: il primo e più antico, quello dei faraoni della XVIII dinastia Thutmose e Hatshepsut (tra il 1500 e il 1450 a.C. circa), due fasi successive (quelle dei faraoni Amenhotep III e di Ramses II) e infine l'epoca romana.
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