Le ha fotografate la sonda della Nasa Dawn durante l'avvicinamento al pianeta nano. Di che cosa si tratta? Per trovare una risposta occorre aspettare.
Le due macchie luminose su Cerere avvistate da Dawn il 19 febbraio 2015.
Lontanissimi e sgranati, ma pur sempre visibili: due puntini luminosi brillano dalla superfice di Cerere, il più grande oggetto della Fascia principale degli asteroidi, che sta per essere raggiunto da Dawn.
Le ultime immagini inviate dalla sonda, in particolare quella che vedete, scattata il 19 febbraio da 46 mila chilometri di distanza, immortalano due piccole macchie riflettenti sullo stesso bacino della superficie del pianeta nano, uno dei numerosissimi piccoli corpi planetari situati tra le orbite di Marte e Giove.
IN BUONA COMPAGNIA. Il primo dei due guizzi di luce era già stato individuato in precedenza, ma l'altro, il meno brillante, è una novità degli ultimi giorni. Entrambi lasciano perplessi gli scienziati: «La macchia luminosa di Cerere ha ora una compare meno brillante, ma apparentemente nello stesso bacino» ha detto Chris Russell, astronomo dell'Università della California di Los Angeles e responsabile scientifico della missione Dawn. «Ciò potrebbe suggerire un'origine vulcanica delle macchie, ma dobbiamo aspettare di avere una migliore risoluzione prima di dare un'interpretazione geologica».
POSSIBILI INTERPRETAZIONI. Di che cosa potrebbe trattarsi (se escludiamo segnali luminosi provenienti da forme di vita aliena)? La spiegazione più plausibile è che le macchie chiare siano aree ricoperte di ghiaccio, «ma al momento sappiamo che il materiale riflette circa il 40% della luce che lo colpisce» spiega Russell.
TROPPO LONTANO. Il ghiaccio rifletterebbe una quantità di luce maggiore, ma «questo limite potrebbe dipendere dalla risoluzione della videocamera da quella distanza. Se la risposta finale fosse che riflette tutta la luce che vi cade sopra, potrebbe trattarsi proprio di ghiaccio». Il che sarebbe compatibile con le emissioni di vapore - forse, ghiaccio sublimato - già avvistate sul corpo celeste.
Le luci su Cerere in un'animazione del gennaio scorso.
POCHE CERTEZZE. Se non fosse ghiaccio, «potrebbe trattarsi di sale, che risulterebbe più riflettente del materiale argilloso che pensiamo ricopra la maggior parte della superficie» continua lo scienziato. La vicinanza delle due macchie farebbe tuttavia ipotizzare un'origine geologica del fenomeno, magari a un esempio di criovulcanesimo, l'eruzione di acqua, ammoniaca o metano al posto della lava. Al momento è escluso che si tratti proprio di lava, come quella osservabile sulla Terra o su Io, una delle lune di Giove: «In quel caso si tratterebbe di un punto caldo - dice Russell - e pensiamo ce ne saremmo accorti prima».
QUASI ALLA META. Le risposte si faranno più chiare mano a mano che ci avviciniamo al 6 marzo, il giorno in cui Dawn aggancerà l'orbita di Cerere. Nei 16 mesi successivi, la sonda studierà questo mondo di 950 chilometri di diametro avvicinandosi fino a 373 chilometri dalla sua superficie.
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