Per la scienza riconoscere l'orientamento sessuale di una persona dalla voce... è un mito.
Mitch e Cameron, i protagonisti gay della sit com americana "Modern Family".
Sono ancora tante le persone omosessuali/bisessuali che raccontano di aver subito discriminazioni a scuola, all’università, in ambito lavorativo, ma anche nella ricerca di una casa. E per essere "etichettati" basterebbe a volte la voce, il modo di parlare.
Ora una ricerca italiana rivela come ciò non abbia riscontri scientifici e che il presunto "gay radar" sia solo causa di ulteriore discriminazione. «La categorizzazione dell'orientamento sessuale a partire dalla voce funziona sulla base delle nostre aspettative, non delle nostre reali capacità. Questo tipo di inferenze può portarci facilmente alla stereotipizzazione sessuale», spiegano gli autori su Plos One.
A firmare il lavoro sono stati i ricercatori del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento Simone Sulpizio, Maria Paola Paladino e Francesco Vespignani; insieme a Fabio Fasoli e Anne Maass, del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova, e a Friederike Eyssel e Dominik Bentler dell’University of Bielefeld (Germania).
Al centro della ricerca il "gaydar", ovvero la presunta abilità di riconoscere l'orientamento sessuale di una persona sulla base di alcune caratteristiche come la voce. Lo studio è stato finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e dalla German Research Foundation e svolto appunto dal team di ricercatori delle tre Università di Trento, Padova e Bielefeld.
CHE COSA RIVELA LA VOCE? «La nostra ricerca - riferiscono Sulpizio e Fasoli - ha indagato sul "gaydar", ponendosi le seguenti domande. Innanzitutto: è veramente possibile riconoscere l'orientamento sessuale di una persona ascoltando unicamente la sua voce? Altra cosa: ascoltatori di lingue e culture diverse mostrano un comportamento diverso? E infine: cambia il giudizio se i parlanti sono di una lingua diversa dalla propria? Il nostro lavoro mostra che il modo in cui categorizziamo gli altri non sempre corrisponde alla realtà: la voce può dare delle informazioni, ma nel caso dell'orientamento sessuale, caratteristica spesso nascosta dalle persone, è necessario essere consapevoli che la nostra percezione può essere ingannevole» e può «cambiare il nostro modo di comportarci con gli altri».
Ma come è stata condotta la ricerca? «Abbiamo realizzato - riferiscono i ricercatori - una serie di esperimenti con partecipanti italiani e tedeschi. Abbiamo chiesto loro di ascoltare diverse voci e per ognuna di indicare l'orientamento sessuale del parlante. In alcuni esperimenti i partecipanti ascoltavano solo persone che parlavano la loro stessa lingua (italiani-italiani; tedeschi-tedeschi), mentre in altri ascoltavano sia soggetti che parlavano la propria lingua, sia quella differente (italiani-italiani&tedeschi; tedeschi-tedeschi&italiani)».
COSA È EMERSO? «I nostri risultati - concludono - hanno mostrato che il 'gaydar' per la voce non esiste: gli ascoltatori non sono in grado di riconoscere l'orientamento sessuale di una persona da come parla».
Tuttavia i risultati mostrano anche un'ampia convergenza tra gli ascoltatori sull’orientamento sessuale dei parlanti. I risultati sono identici nelle due lingue e molto simili anche a livello inter-linguistico (quando cioè una persona categorizza anche le voci di persone che parlano la lingua sconosciuta). Un altro elemento che emerge è che, in generale, si rileva una «forte relazione tra la percezione dell'orientamento sessuale e della mascolinità: i soggetti la cui voce contiene più caratteristiche acustiche tipicamente associate al parlato femminile (come ad esempio, un ritmo più lento o, per le vocali, frequenze di risonanza più alte) tendono a essere maggiormente percepiti come gay».
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