Lo stabilisce uno studio su un ampio campione di persone esposte a queste radiazioni per lavoro: i segnali rilasciati da cellulari, microonde e apparecchi per le telecomunicazioni non sembrano legati a un aumentato rischio di cancro. Restano però alcuni aspetti da verificare.
Cancro e cellulari: ancora nessuna prova.
Cellulari, Wi-Fi, radio, televisioni, microonde: le sorgenti di campi elettromagnetici ad alta frequenza sono ormai onnipresenti, e negli ultimi anni si sono diffusi i dubbi circa la loro sicurezza per la salute. Tuttavia, un nuovo ampio studio, su chi è maggiormente esposto a questo tipo di radiazioni per ragioni di lavoro, esclude, per il momento, una loro associazione con un rischio aumentato di due tra i più frequenti tumori cerebrali: glioma e meningioma. La ricerca, uno dei più approfonditi studi epidemiologici sul tema, è stata pubblicata su Environment International.
A CHE PUNTO SIAMO. Già diversi tipi di radiazione elettromagnetica sono legati in modo chiaro a rischi per la salute. È così per gli ultravioletti, che danneggiano il DNA e aumentano il rischio di sviluppare melanomi, per i raggi X cui ci sottoponiamo con cautela durante i pur necessari esami diagnostici e per i raggi gamma, che minacciano la sopravvivenza degli astronauti nello Spazio.
Negli ultimi tempi si erano diffusi timori sul rischio per la salute anche dei campi elettromagnetici legati agli apparecchi per le telecomunicazioni, e in particolare di quelli nella banda delle radiofrequenze (100 kHz - 300 MHz) e delle microonde (300 MHz - 300 GHz), emessi da radio, televisioni, antenne per la telefonia cellulare, forni a microonde.
NESSUNA PROVA. Come riporta il sito di AIRC, nel 2011 l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) "ha classificato i campi elettromagnetici come cancerogeni di gruppo 2B, ovvero come sospetti agenti cancerogeni per i quali vi è una limitata prova di cancerogenicità negli esseri umani e un'insufficiente prova di correlazione nei modelli animali". Questa classificazione è più che altro cautelativa, perché è molto difficile quantificare l'esposizione del singolo alle radiofrequenze e perché è impossibile evitarle. Non esistono, al momento, studi scientifici che provino un legame causale diretto tra questo tipo di radiazioni e i tumori.
QUANTO ESPOSTI? I ricercatori del Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), in Spagna, hanno esaminato la precedente letteratura scientifica per stimare la quantità di radiofrequenze e di microonde (da 10 MHz a 300 GHz), ma anche di campi a frequenza intermedia - da 3 KHz a 10 MHz: quelle emesse dai computer - che si ricevono a casa o sul posto di lavoro.
Questi dati sono stati confrontati con quelli di uno studio chiamato INTERPHONE, sulla relazione tra la comparsa di tumori cerebrali e uso dei cellulari, che comprende circa 4.000 casi di glioma e meningioma. Le persone coinvolte nello studio provenivano da 7 nazioni diverse e lavoravano in campi differenti, inclusi alcuni ad alta esposizione come la diagnostica medica, le telecomunicazioni o l'ingegneria di radar.
I RISULTATI. Non è emersa nessuna chiara prova di associazione tra l'accumulo dei due tipi di radiazioni e il rischio dei due tipi di cancro esaminati. Tuttavia, solo un partecipante su 10 risultava esposto a una quantità realmente significativa di radiofrequenze e solo 1 su 100 a campi a frequenza intermedia, nonostante l'ampiezza del campione.
Pertanto, le ricerche sul tema non possono dirsi esaurite: occorrerà approfondire la relazione tra rischio di tumore e recente esposizione a questo tipo di radiazioni, e anche quello tra rischio di tumori e reazione chimica ai campi elettromagnetici ad alta frequenza.
Commenti
Posta un commento