Uno studio su oltre un milione di gravidanze nel periodo 1987-2005 rivela una correlazione statistica tra la presenza di sostanze derivate dal DDT nel sangue materno e più alte probabilità di autismo nei bambini.
Il DDT, illegale in gran parte delle nazioni industrializzate, è ancora utilizzato in alcuni paesi per il controllo delle zanzare vettori di malattie infettive trasmissibili all'uomo (zoonosi).
L'esposizione prenatale al DDT, il più conosciuto tra gli insetticidi moderni, oggi bandito in buona parte del mondo, è associata a un aumentato rischio di forme gravi di autismo: è quanto emerge dallo studio dei campioni di sangue di oltre un milione di donne in gravidanza.
CHE COSA RILEVA LO STUDIO. Lo studio, pubblicato sull'American Journal of Psychiatry, non prova che il DDT è causa o concausa dei disturbi dello spettro autistico, ma è il primo a trovare una correlazione tra queste condizioni e l'esposizione al pesticida, misurando quest'ultima in modo oggettivo attraverso analisi del sangue.
Finora, gli studi di questo tipo avevano preso in considerazione soltanto la prossimità abitativa tra le donne in gravidanza e i siti contaminati da DDT e altri insetticidi, senza però certificare quanto di queste sostanze fosse arrivato all'organismo delle gestanti.
Nessuna associazione è stata invece trovata tra il rischio di autismo e l'esposizione materna a un altro tipo di pesticidi, i policlorobifenili (PCB), anch'essi vietati da decenni (in Italia dal 1983). Queste sostanze, come il DDT, rimangono nel suolo per decenni, infiltrandosi nel ciclo dell'acqua e nella catena alimentare: sono inquinanti persistenti, che possono arrivare al feto attraverso la placenta e che in passato sono stati correlati ad aumentato rischio di cancro e a problemi nello sviluppo cerebrale nella prima infanzia.
UN ARCHIVIO IMPORTANTE. Un gruppo di ricercatori della Columbia University di New York ha studiato un importante database finlandese contenente i dati medici di oltre un milione di donne che hanno partorito tra il 1987 e il 2005. Confrontando i dati con altri registri nazionali, lo studio ha individuato circa 1.300 bambini che avevano avuto una diagnosi di autismo e ha poi comparato le informazioni su residenza, data di nascita, sesso e abitazione materna di 778 di essi con quelli di altre 778 coppie di madri e bambini sani (rispetto alla diagnosi di autismo).
RISCHIO AUMENTATO. Dalle analisi è emerso che la probabilità di autismo nei bambini cresceva se le madri avevano alte concentrazioni di DDE (un prodotto di degradazione del DDT) nel sangue. Per le future madri con le concentrazioni più alte, le probabilità di avere un figlio con autismo sono risultate più alte del 32% rispetto alle donne con le concentrazioni minori rilevate. Nello stesso gruppo, le probabilità che un figlio con autismo avesse disabilità intellettive gravi risultavano oltre due volte superiori rispetto al gruppo con concentrazioni meno alte di DDE nel sangue.
La correlazione, che - va sottolineato - non equivale a una spiegazione causale, "tiene" anche escludendo altre possibili variabili coinvolte nel neurosviluppo. Serviranno insomma nuove ricerche per approfondire questa correlazione e capire se possa influenzare a tal punto la salute del nascituro.
LE POSSIBILI PISTE. Il DDT è stato in passato collegato a minore peso alla nascita e parto prematuro, entrambi fattori di rischio per i disturbi dello spettro autistico. Studi sui topi hanno inoltre dimostrato che la sostanza si lega ai recettori degli androgeni, proteine che permettono alle cellule di rispondere a ormoni come il testosterone.
Ricerche sui roditori hanno trovato che le sostanze che interferiscono con questi recettori possono influire negativamente sullo sviluppo cerebrale del feto, soprattutto nei maschi (tra i quali le diagnosi di autismo sono più frequenti). Su questo punto si concentreranno le prossime ricerche, ma nel frattempo si studierà ancora l'archivio finlandese per capire se la correlazione sia presente anche per altre sostanze chimiche.
Commenti
Posta un commento