Negli adulti di mezza età il consumo eccessivo di alcol ma anche l'astinenza completa comportano un aumentato rischio di declino cognitivo all'inizio della vecchiaia. Uno studio ne dà conferma, e un altro avanza un'ipotesi sulle ragioni, ancora tutte da confermare.
Un brindisi contenuto, in un contesto sociale positivo: poco alcol potrebbe avere un effetto protettivo contro le demenze.
Se per ridurre il rischio di ammalarsi di alcuni tumori sarebbe meglio non bere del tutto (alcolici!), per quanto riguarda il declino cognitivo, un bicchiere di vino o di birra al giorno (al massimo!) sembrerebbe avere un effetto più protettivo rispetto all'astinenza totale. Secondo uno studio appena pubblicato sul British Medical Journal, l'astinenza da alcol o il consumo settimanale di oltre 14 unità alcoliche durante la mezza età comportano, per ragioni diverse e ancora da chiarire, un aumentato rischio demenze nella fase di vita successiva. Per capirci: una unità alcolica corrisponde a circa 12 grammi di etanolo ed è contenuta in un bicchiere di vino o in una birra piccola.
PIÙ CHE UNA SCOPERTA, UNA CONFERMA. L'associazione tra un consumo moderato di alcolici (dove per moderato si intende un'assunzione inferiore a quella riportata dalle linee guida nazionali) e un rischio inferiore di declino cognitivo o morte prematura era già emersa in studi precedenti, ma sulla questione non è ancora stata raggiunta una conclusione definitiva.
I ricercatori dell'Institut national de la santé et de la recherche médicale in Francia e dell'University College London (Regno Unito) hanno indagato l'associazione tra consumo di alcol durante la mezza età e l'insorgenza di demenze in vecchiaia, e provato a capire se le malattie cardiometaboliche (come ictus, diabete, patologie coronariche) influissero su questa relazione. Hanno pescato dati dal Whitehall II Study, un ampio studio condotto su 9.087 britannici tra i 35 e i 55 anni a partire dal 1985, focalizzato sull'impatto di condizioni sociali e stile di vita sulla salute a lungo termine.
Hanno esaminato il consumo di alcol nel tempo e le diagnosi di demenza, le ammissioni in ospedale per patologie legate all'alcol e il ruolo delle malattie cardiometaboliche. Tra i partecipanti, nei 23 anni di follow-up dello studio, si sono verificati 397 casi di demenze, all'età media di 76 anni.
L'evoluzione dei calici di vino negli ultimi tre secoli, in un'infografica del BMJ. Berremmo meno alcol, con bicchieri più piccoli?
I RISULTATI. Una volta esclusi tutti gli altri fattori legati alla salute, alle condizioni socioculturali e allo stile di vita che potessero influenzare i risultati, si è visto che sia l'astinenza totale sia consumo di oltre 14 unità alcoliche a settimana, comportavano un rischio di demenza maggiore rispetto al consumo di alcol in quantità comprese tra 1 e 14 unità settimanali.
Tra coloro che bevevano più di 14 unità alcoliche settimanali, il rischio di demenze saliva del 17% ogni 7 unità alcoliche extra consumate. In chi si asteneva del tutto, parte dell'aumentato rischio demenze è parso collegato a un rischio leggermente più alto di malattie cardiometaboliche, ma lo studio non ha indagato le cause delle associazioni trovate.
PULIZIE NOTTURNE. Le ragioni di questo effetto positivo potrebbero essere legate a quanto emerso in un secondo studio appena pubblicato dall'Università di Rochester, a New York. La ricerca effettuata sui topi sostiene che un moderato consumo di alcol stimoli il sistema glinfatico del cervello, una sorta di rete di scarico che ripulisce da tossine e prodotti di scarto cellulari, e che funziona soprattutto di notte. Ciò forse avviene perché l'alcol accelera il battito cardiaco e di conseguenza facilita la circolazione del sangue, che andrebbe a stimolare questo sistema (ma non è detto funzioni allo stesso modo nell'uomo).
UN INVITO AL BUON SENSO. Gli autori di entrambi gli studi sottolineano comunque il fatto che l'eccessivo consumo di alcol aumenta il rischio di declino cognitivo, e che questi risultati non vogliono essere un incoraggiamento a bere. L'alcol compare infatti tra le cause di malattie come la cirrosi epatica, alcuni tipi di tumori o patologie neuropsichiatriche.
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