Confrontando le variazioni di marea dei nostri giorni con quelle del passato è possibile ipotizzare quel che avveniva nelle profondità marine (e di conseguenza, in atmosfera) diversi secoli fa.
Lo stretto di Messina.
In base a uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell'Università Ca' Foscari di Venezia con colleghi tedeschi e russi, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, le misure delle maree sono in grado di raccontare alcune caratteristiche delle masse d'acqua oceaniche e, di conseguenza, permettono di ricostruire importanti parametri del clima del passato. In altre parole le misurazioni delle maree sono paragonabili ad "archivi liquidi del clima", come le hanno definite gli stessi ricercatori.
ACQUA PASSATA. È noto che le correnti in movimento nelle parti più profonde degli oceani hanno un peso rilevante nel determinare gli scambi tra mari e atmosfera, e di conseguenza influenzano in modo importante il clima terrestre, sia a livello locale, sia globale. Purtroppo però, i dati su queste dinamiche profonde degli oceani sono complessi da raccogliere, e solo da pochi anni si riescono ad avere informazioni. Per il passato, nessuna misurazione è disponibile.
LENTI DI INGRANDIMENTO. La ricerca, condotta da Angelo Rubino, professore di Oceanografia, e Davide Zanchettin del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, dimostra che esiste la possibilità di ottenere alcune di queste informazioni perdute studiando la dinamica degli stretti, i bracci di mare tra due terre disgiunte.
In tali aree, infatti, spesso esistono diverse stazioni per la misurazione delle maree che sono in funzione da più di cento anni. E qui sta la novità: si è scoperto infatti, che le variazioni del livello marino misurate da tali stazioni contengono informazioni che riguardano anche molti fenomeni che avvengono sotto la superficie dei mari vicini. È proprio la forma degli stretti, regioni ristrette in cui diverse masse d'acqua collidono, a far sì che tali informazioni arrivino fino alla superficie.
NELLO STRETTO DI MESSINA. Rubino e i colleghi dell'Alfred-Wegener Institut di Bremerhaven (Germania) e dell'Istituto di Oceanologia P. P. Shirshov di San Pietroburgo (Russia) sono giunti a queste conclusioni dopo aver osservato che il livello del mare misurato a Messina non corrispondeva con quello misurato a Catania, a poche decine di chilometri di distanza dallo stretto. Non solo: l'andamento nel tempo della loro differenza coincideva con le variazioni periodiche della circolazione marina nel vicino bacino del Mar Ionio.
Il Tirreno a nord, lo Ionio a sud: lo Stretto di Messina, attraversato da forti correnti. L'immagine radar dell'ESA copre un'area di un centinaio di chilometri.
SE È COSÌ DA UN SECOLO... Come spiegare questa incongruenza? Rubino ha utilizzato modelli matematici per ricostruire la dinamica degli stretti, e ha così scoperto che la circolazione oraria piuttosto che antioraria nello Ionio porta masse d'acqua di diversa densità nelle vicinanze dello stretto di Messina, e le diverse densità influenzano le maree dello stretto.
Ciò ha permesso di compiere importanti deduzioni sulle circolazioni oceaniche del passato. Spiega Rubino: «Siamo giunti alla conclusione che le differenze nelle serie storiche del livello del mare di Messina e Catania dei primi del '900 sono simili a quelle attuali, perciò abbiamo ipotizzato che variazioni nella circolazione dello Ionio simili a quelle osservate recentemente potrebbero aver avuto luogo anche in passato». Ora il gioco sta nel ricostruire aspetti "perduti" del passato studiando quel che è avvenuto in prossimità degli stretti: a quanto pare, un archivio ancora tutto da interpretare.
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