Gli stessi account (di umani e non) che dalla Russia interferirono con le elezioni americane hanno fomentato discussioni divisive in tema di immunizzazione, usando i vaccini come pretesto per creare un clima d'odio diffuso. Perché è accaduto - e continua ad accadere - e con quali conseguenze?
Portare il dibattito su posizioni estreme per azzerare qualunque possibilità di discussione: una trappola social che la politica ha imparato a sfruttare.
Prima e durante le ultime elezioni americane, dagli account Twitter di bot e troll russi sono stati postati contenuti fuorvianti, falsi e altamente divisivi in tema di vaccini, in diverse modalità ma con il comune obiettivo di estremizzare le opinioni e generare un clima sociopolitico irrespirabile.
Lo hanno scoperto gli scienziati della George Washington University di Washington DC mentre cercavano modi migliori di sfruttare le potenzialità dei social media per promuovere informazioni mediche, come appunto quelle sui vaccini. A sorpresa, le loro analisi hanno smascherato l'operato di agenti che si muovono nell'ombra, facendo leva su temi "caldi" come quello dell'immunizzazione per esacerbare malumori e frammentare l'opinione pubblica; e, di fatto, rendendo "caldi" temi che un tempo non lo erano (cinquant'anni fa, nessuno si sarebbe sognato di mettere in discussione l'utilità e la sicurezza dei vaccini).
UNA (STRANA?) COINCIDENZA. La ricerca pubblicata sull'American Journal of Public Health ha esaminato 1,7 milioni di tweet pubblicati online da luglio 2014 a settembre 2017, nel pieno delle ultime campagne presidenziali americane e nei primi mesi di mandato di Donald Trump. Il team ha iniziato a esaminare i post partiti dagli account di presunti troll, sfruttando la pubblicazione della lista di 200 mila tweet riconducibili a 3800 account identificati da Twitter come impegnati ad influenzare le elezioni del 2016. Questi troll sarebbero riconducibili alla Internet Research Agency, azienda russa specializzata nell'influenzare le campagne online che secondo le accuse di molta stampa occidentale e del sistema giudiziario statunitense sarebbe legata al Cremlino.
Esaminando i messaggi twittati da questi account, sia che fossero gestiti da umani, sia che si trattasse di semplici bot, i ricercatori si sono accorti che avevano pubblicato contenuti sui vaccini 22 volte più spesso degli utenti regolari, in media una volta ogni 550 tweet anziché una ogni 12 mila tweet.
Parola d'ordine, dividere. Ma uscirne si può: scopri perché online ci comportiamo in modo orribile, e come fare di una discussione un'occasione di confronto.
AIZZATI A DOVERE. In particolare, i troll "umani" riconducibili all'agenzia russa sono sembrati agire secondo alcune inquietanti modalità. Hanno fatto credere di agire seguendo un finto consenso popolare ("astroturfing"), creando a questo scopo l'hashtag #VaccinateUS, che hanno abbinato indistintamente a tweet antivax e tweet pro-vaccini: così facendo hanno costruito un contesto di finta "equità" inasprendo le opposte posizioni sul tema, appiattendo le opinioni più moderate e legittimando un dibattito su una conquista scientifica che si dava ormai per assodata.
I tweet (per esempio, "Sapevate che esiste un database segreto governativo sui bambini danneggiati dai vaccini? #VaccinateUS"; "#VaccinateUS: non si può curare la stupidità. Lasciateli morire di morbillo, io sono per la vaccinazione!") non fornivano informazioni al di là di fake news e avevano il solo scopo di incendiare gli animi sfruttando un tema che fa leva sulla paura - se il meccanismo vi suona familiare, è perché lo è.
Inoltre, il tema dei vaccini era spesso abbinato, nei tweet, ad altri temi divisivi nel dibattito americano, come le differenze di classe e di reddito ("Solo le elite hanno accesso a vaccini puliti!"), diversità razziale, diritti degli animali, religione, legittimità del governo.
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PRESI ALL'AMO. In questo panorama gli scienziati hanno trovato anche account meno sofisticati di bot (programmi automatici) che usavano il tema delle vaccinazioni come esca per distribuire pubblicità indesiderata, malware e altra spazzatura: li hanno chiamati, non a caso, "content polluters" (contaminatori di contenuti).
A CHE PRO? Ma che interesse c'è nell'alimentare tutta questa nebbia? Fomentare la discussione attorno ai temi più problematici e controversi - ieri (e oggi) i vaccini, ieri (e oggi), l'immigrazione - «ha lo scopo essenziale di separare entrambi le parti dalle posizioni intermedie» spiega alla CNN Patrick Warren, economista della Clemson University con una lunga esperienza di studio in fatto di troll. «Hanno intenzione di aggrapparsi a tutte queste questioni sociali. Quindi, per esempio: le vite dei neri contano/tutte le vite contano; gli immigrati distruggono l'America/gli immigrati sono una risorsa per l'America... In pratica è la questione politica scottante del giorno. Si attaccano a qualunque tema saliente».
Il risultato è una sorta di comune e preoccupante arrendevolezza delle opinioni più complesse e pacate. Se è impossibile discuterne, a che serve provarci? Serve, serve.
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