L'analisi delle carote di ghiaccio di una montagna al confine italo-svizzero rivela le tracce di una serie di eruzioni vulcaniche che segnarono il decennio meno desiderabile, per essere vivi.
Le ceneri delle eruzioni vulcaniche che restano intrappolate nei ghiacci possono raccontarci molto sulle fluttuazioni climatiche del passato, e sulle loro conseguenze.
Se vi chiedessero di ipotizzare quale fu l'anno più infausto del passato, che risposta dareste? Michael McCormick, un archeologo dell'Università di Harvard, lo ha stabilito in un recente studio pubblicato su Antiquity: no, non fu il 1347, l'anno in cui in Europa cominciò a imperversare la Peste Nera; e neanche il 1918, segnato tragicamente dall'epidemia di influenza Spagnola; e nemmeno dobbiamo cercare tra gli anni drammatici del secondo conflitto mondiale.
L'ANNO CHE NON TI ASPETTI. Secondo lo storico statunitense fu il 536 d.C., a segnare, in Europa, l'inizio di uno dei decenni peggiori per essere vivi. In quell'anno, il decimo dell'Imperatore bizantino Giustiniano il Grande, una misteriosa foschia avvolse il Sole nei cieli di Europa, Medio Oriente e di parte dell'Asia. Lo storico bizantino Procopio di Cesarea attribuisce a quel periodo, durato circa 18 mesi, una riduzione della luce e del calore del Sole paragonabili a quelle di un'eclissi.
UNA CATENA DI SCIAGURE. Le temperature precipitarono di 1,5-2,5°C, dando inizio al decennio più freddo degli ultimi 2300 anni. Le conseguenze non tardarono a presentarsi: siccità, gelate, carestie, fame, neve in piena estate in Cina, carenza di pane in Irlanda. Ne 541, nel porto romano di Pelusio, in Egitto, scoppiò un'epidemia che in seguito il mondo avrebbe conosciuto come Peste di Giustiniano, che si portò via almeno un terzo della popolazione dell'Impero Romano d'Oriente, accelerandone il collasso.
LA MEMORIA DEI GHIACCI. Gli storici sapevano da tempo che questo periodo fu uno dei più neri della storia d'Europa, ma l'origine di quella "nebbia" attorno al Sole non era ancora chiara. McCormick e Paul Mayewski, glaciologo del Change Institute dell'Università del Maine, hanno trovato la risposta in un'analisi ultradettagliata delle carote di ghiaccio di Punta Gnifetti, tra le più alte vette del Massiccio del Monte Rosa (4.554), al confine tra Italia e Svizzera.
All'inizio del 536, un'eruzione vulcanica in Islanda diffuse ceneri vulcaniche in tutto l'emisfero settentrionale. Questi materiali piroclastici chiamati tefra sono stati trovati incapsulati nello strato di ghiaccio, che ha conservato anche le tracce di una seconda e una terza eruzione, nel 540 e nel 547. Il 535 potrebbe essere inoltre stato l'anno di una delle catastrofiche eruzioni del vulcano indonesiano Krakatoa. La Peste di Giustiniano diede il colpo di grazia a quella che doveva essere già una situazione economica difficile, e i primi segni di ripresa registrati nei ghiacci non si vedono che un secolo dopo.
Nello strato che corrisponde al 640 d.C., gli scienziati hanno infatti trovato tracce di piombo, un segnale di ripresa economica: le popolazioni europee avevano riavviato le attività minerarie, ricominciando a separare argento dal piombo per il conio di nuove monete. Altri due picchi di immissione di piombo sono stati osservati nel 660 e nel 695. Dato interessante, un collasso nell'estrazione del minerale è rilevato tra il 1349 e il 1353: esattamente negli anni della Peste nera.
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