La memoria non è un magazzino impermeabile ma un film in continuo rifacimento. E spesso esperienze che diamo per vissute non sono mai avvenute, o si sono consumate in modo diverso.
I segnali elettrochimici tra neuroni in una sinapsi, il punto di scambio tra segnali nervosi.
Prima o poi succede a tutti: siamo convinti che un episodio che ci riguarda sia andato in un certo modo, fino a quando i fatti non ci smentiscono clamorosamente. La memoria non è uno scrigno chiuso ma il frutto di un continuo lavoro di ricostruzione, e i falsi ricordi sono la versione più estrema di questo processo di ripristino. Come si formano? Quali sono le situazioni che li favoriscono? Chi è più soggetto, e quali sono le conseguenze? Ne ha parlato, al Focus Live, Nicola Mammarella, Professore di Psicologia dell'Università degli Studi "G. d'Annunzio" di Chieti.
EFFETTO NEBBIA. I falsi ricordi sono innescati da diversi meccanismi» spiega Mammarella «uno di questi è la codifica disturbata. Se durante un'esperienza siamo distratti, la prospettiva non era chiara, l'attenzione non era focalizzata, sarà più facile che anche nella rievocazione vi siano degli errori. Un altro ruolo lo giocano gli eventi che vanno a interferire con il mantenimento della traccia mnestica, o quelli a forte coinvolgimento emotivo: un trauma, un incidente, un forte stato d'ansia finiranno per alterare e oscurare elementi della scena».
C'è poi il fattore tempo: se, per esempio durante un interrogatorio, viene dato poco tempo a disposizione, non riusciremo a recuperare ogni dettaglio dell'episodio. Esistono poi alcuni effetti psicologici più subdoli, che hanno conseguenze importanti durante le testimonianze dopo un incidente, o nelle aule di tribunale: «Uno è l'effetto dell'informazione fuorviante» dice Mammarella. «In un famoso esperimento sui falsi ricordi, la psicologa statunitense Elizabeth Loftus chiese a un gruppo di studenti a che velocità andavano due auto quando si erano scontrate, e a un altro gruppo a che velocità andavano quando si erano urtate. Gli studenti del primo gruppo dissero che le auto procedevano a una velocità maggiore. In un'altra occasione chiese se avessero visto vetri rotti e i volontari li ricordarono, anche se non c'erano stati».
Esiste inoltre la procedura dell'innesto di falsi ricordi: se ci convincono che da bambini ci ammalammo per aver mangiato un uovo sodo, tenderemo a evitare i sandwich che lo contengono, anche se quel fatto non è mai avvenuto.
A CHI SUCCEDE. Gli individui più soggetti ai falsi ricordi sono i bambini e gli anziani - perché hanno una memoria ancora in fase di sviluppo, o soggetta a cambiamenti - ma anche le persone con una vivida immaginazione che tendono ad arricchire di dettagli i racconti; quelle che perdono facilmente la cognizione del tempo o hanno pensieri ricorrenti; o chi, come i bambini, preferisce assecondare coloro che li stanno interrogando.
CASI LIMITE. Le conseguenze possono essere gravi: «Si pensi alle false condanne negli Stati Uniti, in cui i presunti colpevoli vengono messi in fila nel "line up", e a un testimone ancora scosso si chiede di ricordare chi sia stato. Si tratta di una situazione molto delicata, perché in un momento di grave stress, basta un vago senso di familiarità su un viso per essere ingannati. Il fenomeno dei falsi ricordi incide anche nei casi di bambini abbandonati in auto: la memoria ha una capacità limitata e in momenti di accumulo di compiti porta sotto soglia le azioni di routine, dandole per scontate».
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