La tettonica delle placche presenta ancora degli elementi di incertezza: uno di questi, la nascita delle dorsali oceaniche, ha trovato una parziale risposta in una ricerca nel Mar Cinese Meridionale.
Un progetto internazionale ha perforato i fondali oceanici del Mar Cinese Meridionale nel tentativo di sciogliere alcune questioni che riguardano la formazione delle placche in cui è suddivisa la litosfera terrestre.
La tettonica delle placche è oggi una teoria assodata che spiega come viene plasmata la superficie della Terra: dalla formazione delle catene montuose, alla nascita degli oceani, dai terremoti alle eruzioni vulcaniche. In altre parole è una teoria che spiega i meccanismi che plasmano la litosfera, ossia la parte superiore rigida del pianeta, composta dalla crosta e dalla parte solida del mantello.
La teoria nasce dopo che Alfred Wegener, nel 1915, ipotizzò che i continenti si muovevano andando alla deriva, tant’è che era inizalmente chiamata deriva dei continenti.
Oggi sappiamo che non sono i continenti ad andare alla deriva, bensì porzioni di litosfera che si muovono le une rispetto alle altre come pezzi di un gigantesco puzzle. Lo scontro di queste placche causa terremoti e la nascita di vulcani e catene montuose. Il movimento delle placche prende inizio lungo le dorsali oceaniche, ossia le lunghe fratture che tagliano in due quasi tutti gli oceani. Le placche si spostano orizzontalmente in direzione perpendicolare rispetto alle dorsali
VULCANISMO E STIRAMENTO. La tettonica delle placche prevede che le dorsali si formino in seguito a risalite di calore dal mantello più profondo, al di sotto dei continenti (come sta avvenendo "adesso" lungo la Rift Valley, in Africa). Ciò provoca una fratturazione della litosfera che permette ai magmi di risalire tra le fratture e di venire a giorno: alla lunga, il meccanismo provoca un infossamento della litosfera e la formazione di un mare che poi diverrà un oceano (vedi disegno qui sotto).
Questa descrizione degli eventi geologici non è però completa: negli anni Novanta, studiando tratti della dorsale nord atlantica (e poi altri luoghi), non si riscontrò l’intenso vulcanismo previsto dalla teoria, ma una lunga “estensione meccanica” della litosfera, che si ipotizza debba essere durata decine di milioni di anni prima di vedere una risalita dei magmi.
Il perché è ancora tutto da decifrare, ma è come se la litosfera fosse stata stirata, più che spaccata da materiale caldo in risalita. Da quando è stato riscontrato questo meccanismo, i processi di apertura di nuovi oceani sono classificati secondo due differenti tipologie: a) risalita di calore dal mantello terrestre, fratturazione della litosfera, venuta a giorno dei magmi mentre le due porzioni di placca a contatto con la dorsale si allontanano; b) stiramento della litosfera - indipendentemente da una risalita di calore - e solo successivamente risalita di materiale caldo dal mantello.
Per verificare che la rottura delle placche continentali e la formazione di nuovi oceani può realmente avvenire con meccanismi diversi, il consorzio IODP ha condotto una missione scientifica di 4 mesi nel Mar Cinese Meridionale, dove vi è un peculiare caso di nascita di una dorsale in assenza di forte vulcanismo iniziale. Alla missione, realizzata da un gruppo internazionale di ricercatori, ha partecipato anche il geofisico Jacopo Boaga, dell’Università degli Studi di Padova. Boaga si si è occupato di misurare le proprietà fisiche delle rocce e dei sedimenti campionati, nonché di realizzare misure di parametri fisici nei pozzi perforati durante la fase di ricerca, raccogliendo dati di tipo sismico, elettrico ed elettromagnetico.
IN PROFONDITÀ. Sulla missione, Boaga spiega che «la nave Joides Resolution è dotata di un avanzato laboratorio galleggiante per la misura delle proprietà fisiche dei campioni di roccia estratti durante la fase di perforazione, quali densità, velocità sismiche, conduttività termica, suscettibilità magnetica e altro. Una volta terminata l’estrazione delle carote si sfrutta poi il foro di sondaggio per inserire al suo interno particolari strumentazioni geofisiche per misurare le stesse proprietà anche direttamente in profondità, sotto al fondale».
Sono operazioni molto delicate: avanzati strumenti vengono calati nel piccolo foro di carotaggio, connessi alla strumentazione di bordo da vari chilometri di cavi. Nell'area studiata, il fondale oceanico su trova infatti anche a 4 chilometri di profondità e, in più, i fori di carotaggio si spingono ancora più giù di circa 1.600 metri. La ricerca ha permesso di estrarre da pozzi diversi 2 chilometri e mezzo di rocce che ora verranno distribuite in decine di laboratori per studi approfonditi.
I PRIMI RISULTATI. Anche se i risultati nella loro interezza hanno bisogno ancora di tempo per essere verificati, le prime analisi, pubblicate su Nature, permettono di affermare che l’evoluzione del Mar Cinese Meridionale rappresenta di fatto l’anello mancante tra le due diverse tipologie di rottura proposte dalla tettonica.
In queste acque, infatti, il processo di rottura è avvenuto con un moderato vulcanismo iniziale, quindi è probabile che ci sia stato uno stiramento della litosfera, ma è stato rapidamente seguito dalla formazione di nuova crosta oceanica e dunque da forte risalita di magmi, che hanno creato una crosta di 5-6 chilometri di spessore.
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