Macachi istruiti per giocare d'azzardo hanno permesso di individuare una regione della corteccia responsabile della volontà di lanciarsi in situazioni potenzialmente pericolose. Disattivandola, si riduce anche la voglia di compromettersi.
In bilico tra due opposte decisioni.
Un gruppo di ricercatori ha individuato un'area cerebrale associata alla facilità di lasciarsi andare a comportamenti ad alto rischio: la scoperta descritta su Current Biology è stata resa possibile da due macachi rhesus (Macaca mulatta) che hanno, per l'occasione, imparato a giocare d'azzardo. Lo studio fa luce sui circuiti neurali che regolano la propensione dei primati, umani inclusi, a intraprendere scelte potenzialmente distruttive, e potrebbe essere utile nel trattamento di condizioni come la dipendenza da gioco.
ATTRAZIONE FATALE. Si tende a pensare che l'attitudine al rischio sia la stessa per tutte le persone, o che al contrario sia quasi un tratto di personalità, «tuttavia gli studi comportamentali ci dicono che non è così: si può essere avversi al rischio in alcune cose e inclini al rischio in altre, come per qualcuno che risparmia molto denaro ma pratica lo skydiving», spiega Veit Stuphorn, neuroscienziato della Johns Hopkins University.
Si sapeva che l'attitudine al rischio è regolata dalla corteccia prefrontale, un'area cerebrale importante nei processi decisionali. Stuphorn e colleghi volevano verificare se una particolare porzione di essa, il Supplementary Eye Field o SEF (campi visivi supplementari) fosse associata alla propensione a scelte "azzardate".
PREFERISCO RISCHIARE. Le scimmie sono state addestrate per giocare d'azzardo in un test al computer che prevedeva come ricompensa dosi più o meno generose di acqua. Si è da subito osservato che i macachi erano naturalmente portati al gioco d'azzardo e alle scommesse rischiose: costretti a scegliere tra una probabilità del 20% di vincere 10 ml di acqua e una dell'80% di vincerne 3 ml, hanno tendenzialmente scelto la prima anche quando non erano assetati, forse per l'eccitazione e il piacere legati alla vittoria. «Come chi va a Las Vegas per giocare alle slot machine, nonostante le poche probabilità di vincita» aggiunge Xiamomo Chen, tra gli autori.
COLLEGAMENTO DIRETTO. Quando però i ricercatori hanno temporaneamente disattivato l'area SEF, raffreddandola esternamente (è infatti un'area poco profonda), l'attitudine al rischio è calata in modo importante, del 30-40 per cento.
Trovare una regione cerebrale legata in modo così specifico ai comportamenti ad alto rischio ha lasciato stupefatti gli scienziati - anche perché quest'area, che si trova a metà strada tra quelle responsabili delle funzioni cognitive e quelle del controllo motorio, non è parsa connessa ad altri aspetti della scommessa, come quello della storia di gioco. Le scimmie reduci da una vittoria hanno per esempio continuato ad assere più inclini a un altro azzardo, mentre quelle passate da una sconfitta, si sono subito dopo dimostrate più caute.
DALLE SCIMMIE ALL'UOMO. L'area SEF sembra avere effetti diretti solo sulla propensione a scommesse "impossibili" e audaci, dalla ricompensa tanto grande, quanto incerta. Poiché la nostra struttura cerebrale non è poi così diversa, ci si aspetta che un meccanismo analogo possa valere anche per l'uomo. Forse, ma è soltanto un'ipotesi, in futuro potrebbe essere possibile scomporre e affrontare separatamente i diversi meccanismi che spingono al gioco d'azzardo.
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