Una ricerca condotta da una scienziata svedese ha permesso di affermare che prima di due sismi vi sarebbero stati segni premonitori. Ora se ne cercano in altre parti del mondo
Il terremoto di Kobe in Giappone del 1995. Secondo alcune ricerche prima del sisma si ebbero segni premonitori, quali la presenza di elementi chimici in quantità anomale all'interno delle sorgenti d'acqua.
È possibile prevedere i terremoti? Al momento la scienza risponde con un secco “no”. Tuttavia le ricerche in questo settore della geologia continuano e, senza promettere risultati eclatanti, alcuni studi hanno ottenuto risultati interessanti.
ANOMALIE NEL SODIO E NELL’IDROGENO. Il più promettente -pubblicato su Nature Geoscience - arriva dall’Islanda dove un gruppo di ricercatori ha individuato dei “picchi” chimici nelle falde acquifere sei mesi prima di forti terrremoti.
In due casi infatti, nelle acque sotterranee che vengono tenute sotto controllo da almeno cinque anni, si è scoperta un’anomalia nel contenuto di sodio e idrogeno. Questa anomali si è verificata circa 6 mesi prima dei due sismi che si sono verificati nel 2012 e nel 2013 nell’Islanda del nord, con un’intensità superiore a Magnitudo 5 ed entrambi in un raggio di 75 km dal luogo di osservazione delle acque sotterranee.
«Questo non significa che siamo in grado di prevedere i terremoti, - spiega Alasdair Skelton dell’Università di Stoccolma che sta conducendo la ricerca - ma possiamo dire che all’avvicinarsi di un sisma succede qualcosa con un certo anticipo: prima di un terremoto le rocce subiscono alterazioni che possiamo interpretare».
PRECEDENTI IN GIAPPONE. Il fatto che i picchi chimici siano stati identificati prima di due terremoti indica che non c’è una semplice coincidenza. Inoltre una simile variazione chimica nelle acque venne già registrata prima del terremoto di Kobe, in Giappone (1995, 6.000 morti) e di Izu Oshima nel 1978.
Seppur meno chiare, variazioni di elementi chimici nelle acque di falda prima di un terremoto vennero rilevati anche in Cina all’approssimarsi del terremoto di Tanshan nel 1976.
Alasdair Skelton, ricercatrice svedese, sostiene di aver trovato una strada molto importante per prevedere i terremoti.
SCETTICISMO. Ora i ricercatori vogliono dapprima capire come si verificano le variazioni chimiche e perché. Poi occorrerà accertare se si presentano anche in altre parti del pianeta. «In Islanda le acque che hanno mostrato i picchi chimici si trovano in un’unica roccia, il basalto. È possibile che in altre parti del mondo, dove le rocce sono diverse, le variazioni chimiche siano differenti; magari anche più evidenti», ha sottolineato Skelton.
Siamo vicini dunque, ad una svolta nel campo delle previsioni dei terremoti? Forse, ma anche se fosse, la meta è ancora molto distante.
Chi è più scettico di fronte a questa ricerca è Ian Main, dell’Università di Edimburgo il quale spiega: «Innanzi tutto bisogna verificare se le variazioni chimiche non sono dovute a emissioni dai magmi che in Islanda e in Giappone sono vicini alla superficie. Inoltre si deve tener conto del fatto che molti elementi chimici fluttuano in continuazione nel tempo. Quindi è inevitabile che all’approssimarsi di un evento sismico vi siano delle variazioni chimiche, indipendentemente dall’arrivo del sisma».
MEGLIO PRIMA. Il punto nella previsione dei terremoti è semplice: occorre riuscire a “prevedere” realmente un terremoto, prima dell'evento, e non dopo che questo è avvenuto. Perché altrimenti è come andare in una ricevitoria del Superenalotto e sostenere che, se si avesse giocato, si sarebbe riusciti a prevedere i sei numeri vincenti.
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