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A caccia dei segreti di Antikythera

Il moto delle stelle lo calcolava un pc siciliano. Venti secoli fa. Si chiamava Antikythera ed è il più antico "computer" mai ritrovato. Ora un gruppo di sommozzatori scenderà a 150 metri di profondità per scoprirne i segreti.

A più di un secolo di distanza dal primo ritrovamento gli archeologi tornano nel Mar Egeo, nel luogo dove attorno al 60 a.C. affondò la nave romana che trasportava antikythera, il più antico “computer” mai scoperto.

Obiettivo della missione è quello di scoprire ulteriori dettagli sulle origini di questa macchina e su come divenne parte del carico di quello sforntunato viaggio.

COMPUTER... DI BRONZO. Secondo i ricercatori il meccanismo di antikytera è un complicato calcolatore astronomico di fabbricazione greca utilizzato per determinare la posizione delle stelle e dei pianeti. Gli esami al radiocarbonio lo fanno risalire a oltre 2000 anni fa.

Il suo cuore è un articolato sistema composto da oltre 30 ingranaggi in bronzo e quando venne recuperato, nel 1901, era custodito all’interno di una scatola di legno riccamente istoriata. Come finì sulla nave romana è a oggi un mistero: una delle ipotesi è che fosse parte della dote di una nobildonna in viaggio verso la capitale per sposarsi.

ARCHEO SUB Per scoprirne di più gli archeologi si stanno preparando a scendere a 150 metri di profondità utilizzando speciali tute pressurizzate: questi gioielli tecnologici permetteranno loro di esplorare il relitto della nave romana per ore a caccia di dettagli. Un robot esplorerà il fondo marino prima degli scienziati e cercherà tracce di una seconda nave che si sospetta possa essere affondata nelle vicinanze.
La tuta pressurizzata da un milione di euro che verrà utilizzata dagli scienziati per scendere a 150 metri di profondità.

LA TUTA. Simila a una tuta spaziale, la tuta pressurizzata permetterà ai ricercatori di muoversi sul fondo del mare e all'interno del relitto in tutta sicurezza e senza limiti di tempo: l'aria viene infatti direttamente pompata dalla superficie dentro lo scafandro e durante l'emersione non è necessario decomprimere.

L'operatore all'interno della tuta viene calato e recuperato dal fondo grazie a un cavo collegato alla nave d'appoggio in soli 3 minuti.
Il dispositivo è inoltre dotato di un sistema di propulsione che consente a chi la indossa di muoversi con discreta agilità sul fondo del mare.

CACCIA AL TESORO. Fino ad oggi i ricercatori hanno potuto esplorare la zona del naufragio fermandosi a soli 60 metri di profondità e recuperando 36 statue di marmo, gioielli, oro e resti umani.

«Ci sono ancora decine di oggetti sparsi sul fondo: questa nave trasportava immense ricchezze provenienti dall’Asia Minore» spiega alle agenzie di stampa Dimitris Kourkomelis, uno degli archeologi che sfiderà le profondità del Mediterraneo.

Ma il vero tesoro oggetto della ricerca sono i pezzi mancanti di antikythera.

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