Molti di noi lo sospettavano già, ora arriva la conferma da una ricerca scientifica: invertire il ritmo per cui saremmo programmati (lavorare di giorno, dormire di notte) può influire sulle capacità cognitive e di memoria.
Lavorare nel fine settimana e di notte accelera l’invecchiamento. Secondo una ricerca condotta dalle università di Swansea (Gran Bretagna) e Tolosa (Francia), i ritmi irregolari fanno invecchiare il cervello di 16 anni e mezzo in 10 anni. Pare, inoltre, che influiscano sugli ormoni, modificando di conseguenza l’umore e il sonno.
CONTRO NATURA. Lo studio è stato svolto analizzando lo stato di salute psicofisica di oltre 3.000 lavoratori francesi: chi aveva 10 anni di turni notturni o domenicali alle spalle sosteneva performance di persone di 6 anni e mezzo più vecchie. Il corpo umano è infatti programmato per lavorare di giorno e dormire di notte.
È dimostrato che invertire il ritmo può influire sulle capacità cognitive e di memoria, che già diminuiscono con l’età, ma lavorare a ritmi contrari a quelli naturali ne accelera il processo. Non si tratta però di un processo irreversibile: per tornare alla normalità occorrono 5 anni di turni diurni.
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