La presenza di plastica nella catena alimentare dei sapiens confermata dalla più esplicita delle prove.
Proteine, carboidrati, grassi e microplastiche.
Le microplastiche sono ormai onnipresenti nell'acqua in bottiglia e del rubinetto, nell'intestino dei più piccoli animali marini e delle creature che se ne nutrono. Che finiscano nella catena alimentare umana è quindi del tutto ragionevole, ma trovarne le evidenze dirette fa comunque una certa impressione.
La presenza di microplastiche è stata accertata in campioni di escrementi umani provenienti da diversi Paesi del mondo: secondo gli autori di uno studio preliminare di recente presentato allo United European Gastroenterology, il più grande convegno di gastroenterologia in Europa, si tratterebbe della prima conferma di quanto temuto da tempo, cioè che le tracce di plastica possano accumularsi nell'organismo umano attraverso il cibo e l'acqua ingeriti.
ACCUMULO NOCIVO. Per microplastiche si intendono frammenti di larghezza inferiore ai 5 millimetri ottenuti dalla degradazione della plastica abbandonata nell'ambiente, ma anche di quella delle bottiglie d'acqua ancora piene e del packaging alimentare. A contatto con l'apparato gastrointestinale, queste particelle potrebbero determinare una risposta immunitaria anomala, o facilitare la trasmissione di sostanze tossiche o patogeni.
UNA QUESTIONE GLOBALE. I ricercatori della Medical University di Vienna della Environment Agency Austria hanno monitorato dieta e abitudini di un ristretto gruppo di 8 partecipanti di diversi Paesi: Italia, Finlandia, Giappone, Olanda, Polonia, Russia, Austria e Regno Unito. Nella settimana precedente la raccolta dei campioni, i partecipanti hanno tenuto un diario alimentare: nessuno era vegetariano, tutti hanno consumato del pesce e tutti sono venuti a contatto con plastica usata per contenere o confezionare i cibi.
I RISULTATI. Tutti i campioni di feci sono risultati positivi alla presenza di fino a nove tipi diversi di microplastiche, di dimensioni comprese tra i 50 e i 500 micrometri: i due tipi di residui più comuni sono stati quelli di polipropilene (PP, utilizzato nei tappi delle bottiglie di plastica o nelle capsule del caffè) nonché di polietilene tereftalato (PET, onnipresente o quasi nei contenitori per bevande). In media sono stati trovati 20 frammenti ogni 10 grammi di escrementi.
Si tratta per ora di uno studio pilota, ma la presenza di questi residui incoraggerà forse analisi su una popolazione più ampia. Le microplastiche più fini potrebbero arrivare ad entrare nel circolo sanguigno e in quello linfatico, fino a raggiungere il fegato o altri organi vitali.
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