Nel corso della Seconda guerra mondiale sono stati diversi i Paesi dove si è combattuta una guerra partigiana contro il nazifascismo. Quale Resistenza ha visto cadere più vittime?
La Resistenza che ha determinato il maggior numero di vittime è stata quella Iugoslava con almeno 1 milione di morti tra combattenti e civili, tutti caduti tra il 1941 e il 1945. La stima corrisponde a poco meno del 10 per cento della popolazione censita nel 1939.
Gli scontri con i nazifascisti tedeschi e i loro alleati (italiani, ungheresi e bulgari) iniziarono il 6 aprile del 1941 quando da parte della Luftwaffe, ci fu il primo bombardamento di Belgrado - la capitale della Iugoslavia - e di altre città del regno.
ARMATE POPOLARI. Gli iugoslavi organizzarono movimenti di resistenza guidati dall'Armata popolare di liberazione della Iugoslavia, la più grande formazione di guerriglia dell'Europa occupata dai nazisti. A guidarla fu Josip Broz Tito, futuro capo della Iugoslavia che il 29 novembre 1943 ricostruì un nuovo Stato all'interno dei confini del vecchio regno, aggiungendovi il litorale sloveno e l'Istria.
Se la Iugoslavia lasciò circa un milione di morti, nello stesso periodo in altri Paesi d'Europa le cose non andavano molto meglio. La resistenza greca si stima sia costata quasi 400mila vittime su una popolazione di circa 7 milioni, pari al 5,7 per cento del totale, mentre in Francia i caduti furono 150.000 su un totale di 41 milioni di abitanti, dunque circa il 0.37 per cento della popolazione.
E IN ITALIA? Nel nostro Paese secondo l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito i partigiani morti furono più di 54mila: di questi, 17.488 erano militari e 37.288, civili. Alla cifra vanno aggiunti i partigiani italiani morti nei Balcani, circa 9.249, soldati. In tutto si tratta di meno dello 0,17 per cento della popolazione (nel 1939, 40 milioni). Il maggior numero di partigiani caduti veniva dal Veneto (6.006). Il maggior numero di civili uccisi per rappresaglia è caduto invece in Toscana (4.461).
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