Uno studio su una struttura analoga ricostruita in laboratorio, conferma che la sostanza comunemente presente nella dieta può passare dal sangue materno a quello del feto, che non ha ancora gli enzimi per processarla.
La caffeina assunta dalla madre sembra poter attraversare la placenta, e arrivare fino al feto.
La placenta è un organo transitorio fondamentale per il nutrimento del feto, ma anche uno dei meno conosciuti del corpo umano: tra gli aspetti più interessanti che la riguardano c'è la capacità di far passare, o al contrario filtrare, farmaci e altre sostanze, e consentire o ostacolare il loro passaggio nel sangue del bambino.
I modelli animali di questa struttura "di connessione" non sono sempre affidabili, perché spesso distanti dalla versione umana. Inoltre, molti studi sperimentali sulla placenta non sono possibili perché coinvolgono, appunto, la donna in gravidanza e il nascituro.
TEST IN SICUREZZA. Da qualche anno si può però contare sulla placenta su chip, una piattaforma ricostruita a scopo di ricerca che comprende uno strato di cellule materne prese da una vera placenta e uno di cellule fetali prelevate da campioni di cordone ombelicale. I due agglomerati di cellule sono separati da una sottile membrana che imita la barriera placentare (che separa la parte embrionale della placenta dal sangue della madre).
PROVE GENERALI. Durante la gravidanza, la placenta permette il trasporto di ossigeno e nutrienti al feto, depura il suo sangue eliminando le sostanze dannose, lascia passare gli anticorpi della madre e ostacola il transito di patogeni. I ricercatori della Iowa State University (USA) hanno sottoposto una placenta su chip al passaggio di caffeina, presente non solo in alimenti e bevande ma anche in alcuni farmaci da banco. Al feto mancano gli enzimi per processare questa sostanza: ecco perché è importante capire quanta di quella assunta dalla madre possa arrivare fino al piccolo.
Gli scienziati hanno aggiunto caffeina al lato materno della placenta su chip, e hanno monitorato quanta ne transitava dalla parte opposta nelle sette ore e mezza successive. Hanno iniziato con una concentrazione relativamente bassa di 0,25 milligrammi per millimetro: dopo sei ore e mezza il livello era sceso, nel lato materno, a poco più di 0,15 milligrammi per millimetro.
POCA, MA PRESENTE. Dopo cinque ore, sul lato del feto si è registrata una concentrazione di 0,0033 milligrammi per millimetro. Una piccola parte di caffeina è dunque riuscita a filtrare attraverso la placenta. Secondo i ricercatori occorreranno nuove, più precise misurazioni per capire se quanto osservato si verifichi anche in una gravidanza reale, ma l'argomento che interessa molte donne in attesa merita di certo un approfondimento.
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