Nonostante le numerose ricerche, il vulcano Stromboli cela aspetti poco conosciuti, che richiedono ingenti sforzi per capire meglio il suo comportamento. Allo stato attuale delle nostre conoscenze non è possibile prevedere fenomeni di violenta attività vulcanica.
Dopo l'exploit del 3 luglio 2019 il cratere ha ripreso la normale "attività stromboliana", con l'espulsione di brandelli di magma incandescente, ma anche di imponenti colonne di cenere particolarmente dense, che, sospinte dai venti, hanno creato disagi nei cieli di Messina e Reggio Calabria.
Le notizie storiche attorno allo Stromboli raccontano che da oltre mille anni il vulcano erutta senza interruzione, con un’attività davvero particolare rispetto alla maggioranza dei vulcani del nostro pianeta. Si tratta di esplosioni che avvengono a intermittenza, con intervalli che variano tipicamente da poche decine di secondi ad alcuni minuti e che si manifestano dai crateri posti a circa 750 metri di quota, vicino alla cima del vulcano, che è alto 926 metri dal livello del mare.
L’energia sviluppata durante le esplosioni varia di molto nel tempo, e a volte il vulcano lancia fumi e ceneri fino a qualche chilometro di altezza: questa modalità è assolutamente tipica dello Stromboli, ed è infatti definita dai vulcanologi attività stromboliana, che descrive attività simili di vulcani in tutto il mondo.
Fino agli inizi del ‘900, era proprio questa particolare modalità eruttiva che rendeva lo Stromboli un faro naturale, infine affiancato da un vero faro sull’isola di Strombolicchio, a nord di Stromboli.
Stromboli, l'eruzione del 2017. Vedi anche: Stromboli 2019. | SEBASTIANO CALANZONE / SHUTTERSTOCK
L’ATTIVITÀ NORMALE. Le ricerche hanno permesso di capire che l’attività esplosiva dello Stromboli ha presentato nel tempo alcune varianti. Se il punto di emissione delle lave è rimasto quasi sempre là dove ci sono le bocche all’interno della struttura craterica sommitale, l’energia liberata e la frequenza delle esplosioni sono variate anche significativamente.
Pertanto, si può definire come normale attività strombolianaquella che è anche la più frequente: esplosioni dalla terrazza craterica, che producono la proiezione in aria di brandelli di lava, gas, lapilli e ceneri fino a poche centinaia di metri di altezza, materiali che poi ricadono in prevalenza all’interno della stessa terrazza dalla quale sono fuoriusciti.
Tale attività non rappresenta un pericolo per gli abitanti dell’isola, né per gli scienziati e i turisti che transitano lungo i sentieri che portano in cima al vulcano, fino al Pizzo sopra la Fossa, un "belvedere naturale" a quasi 900 metri di quota, al di sopra della terrazza craterica.
ESPLOSIONI PERICOLOSE. A volte, però, le esplosioni possono essere molto più intense: sono quelle chiamate esplosioni maggiori.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze è assolutamente impossibile fare previsioni sulla possibilità che si verifichi un'esplosione maggiore: quello che sappiamo è che sono avvenute quattro volte nella seconda metà del 2017 (27 luglio, 23 ottobre, 1 novembre 1 dicembre) e quattro volte nei primi quattro mesi del 2018 (7 e 18 marzo, 24 e 27 aprile).
In questi casi si hanno ricadute di bombe vulcaniche (si definiscono così le "gocce" di lava ardente con diametro maggiore a 60 mm), lapilli e frammenti rocciosi anche abbastanza grandi che possono arrivare in prossimità del Pizzo sopra la Fossa e sui sentieri.
ERUZIONI MOLTO PERICOLOSE. Ci sono poi le esplosioni definite parossistiche, come quella del 3 luglio 2019: fenomeni decisamente violenti, improvvisi, che possono eruttare magma che risale molto rapidamente da grandi profondità.
Queste eruzioni lanciano in aria bombe vulcaniche, lapilli incandescenti e frammenti di roccia fino a qualche chilometro di altezza, con ricaduta di materiali fino ad alcuni chilometri dalle bocche eruttive. In alcuni casi il materiale eruttato è ricaduto al suolo formando valanghe incandescenti lungo i fianchi del vulcano, fino al mare (è accaduto nel 1930): un evento del genere è, in effetti, molto pericoloso, ma anche poco frequente (sembra che eventi di questo genere accadano a intervalli nell’ordine delle decine di anni).
FOTOGRAFIE DEL VULCANO. Nonostante Stromboli sia studiato da anni, non lo si conosce a fondo. Due dei lavori più importanti realizzati negli ultimi mesi sono quelli di Domenico Patanè, dirigente di ricerca dell’INGV-OE, pubblicato su Geophysical Research Letters, e la muografia del vulcano, frutto della collaborazione di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’INGV, in collaborazione con Istituti di ricerca giapponesi, che ha permesso di comporre un "quadro del vulcano" estremamente approfondito.
LA TOMOGRAFIA DEL VULCANO. Il lavoro di Patanè ha permesso di definire, con precisione, il sistema di alimentazione e la geometria della camera magmatica, grazie alla tomografia ad alta risoluzione (che funziona con principi analoghi a quelli della tomografia diagnostica). Spiega lo scienziato che «il progetto è nato dalla necessità di conoscere la struttura interna del vulcano, per cercare di definire il sistema di alimentazione e provare a individuare la camera magmatica».
Per questo studio sono state installate sull’isola 20 stazioni sismiche, in aggiunta alle 13 della rete sismica permanente, integrate da 10 sismometri per fondali marini (Ocean-Bottom Seismometers, OBS) che hanno permesso, per la prima volta, l’esplorazione anche della parte sommersa del vulcano.
«In questo modo siamo riusciti a definire, per la prima volta, la geometria della camera magmatica superficiale dello Stromboli, localizzata tra 2 e 4 km di profondità sotto il livello del mare, estesa dall’isola di Stromboli fino allo Strombolicchio», spiega Patané. «Il Faraglione Strombolicchio è il “camino centrale” (neck) dell’antico vulcano emerso circa 200.000 anni fa a nord-est dell’isola attuale dello Stromboli, oggi quasi totalmente eroso dagli agenti esogeni. Le immagini sismiche mostrano il suo sistema di alimentazione più profondo, che collega la camera magmatica con il neck di Strombolicchio.»
«La ricerca non ha avuto ulteriori evoluzioni», dichiara Patanè a Focus.it: «quel lavoro ci ha dato una fotografia importante dello Stromboli, e avrebbe dovuto essere una base per ulteriori studi, soprattutto per capire come è fatto il vulcano a maggiori profondità. Al momento, però, non ci sono le condizioni per proseguire, anche perché è molto complessa e andrebbe condotta anche in mare.»
LA MUOGRAFIA DEL VULCANO. Anche la radiografia muonica, una "radiografia" del vulcano con rilevatori di muoni (particelle prodotte quando i raggi cosmici provenienti dallo spazio interagiscono con l’atmosfera terrestre), per ricostruire la struttura interna del vulcano, ha permesso di avere un quadro migliore dalle caratteristiche sommitali dello Stromboli.
Anch’essa, però, non ha avuto seguito: entrambi i lavori restano "appesi", sono come due tasselli di un'immagine che attende di essere completata e composta.
Impossibile dire se proseguengo le due linee di ricerca si potrebbe arrivare a una comprensione del vulcano che addirittura permetta di prevedere eruzioni simili a quelle del 3 luglio. Sappiamo per certo che possono avvenire, ma come e quando è, al momento, impossibile a dirsi.
Dopo l'exploit del 3 luglio 2019 il cratere ha ripreso la normale "attività stromboliana", con l'espulsione di brandelli di magma incandescente, ma anche di imponenti colonne di cenere particolarmente dense, che, sospinte dai venti, hanno creato disagi nei cieli di Messina e Reggio Calabria.
Le notizie storiche attorno allo Stromboli raccontano che da oltre mille anni il vulcano erutta senza interruzione, con un’attività davvero particolare rispetto alla maggioranza dei vulcani del nostro pianeta. Si tratta di esplosioni che avvengono a intermittenza, con intervalli che variano tipicamente da poche decine di secondi ad alcuni minuti e che si manifestano dai crateri posti a circa 750 metri di quota, vicino alla cima del vulcano, che è alto 926 metri dal livello del mare.
L’energia sviluppata durante le esplosioni varia di molto nel tempo, e a volte il vulcano lancia fumi e ceneri fino a qualche chilometro di altezza: questa modalità è assolutamente tipica dello Stromboli, ed è infatti definita dai vulcanologi attività stromboliana, che descrive attività simili di vulcani in tutto il mondo.
Fino agli inizi del ‘900, era proprio questa particolare modalità eruttiva che rendeva lo Stromboli un faro naturale, infine affiancato da un vero faro sull’isola di Strombolicchio, a nord di Stromboli.
Stromboli, l'eruzione del 2017. Vedi anche: Stromboli 2019. | SEBASTIANO CALANZONE / SHUTTERSTOCK
L’ATTIVITÀ NORMALE. Le ricerche hanno permesso di capire che l’attività esplosiva dello Stromboli ha presentato nel tempo alcune varianti. Se il punto di emissione delle lave è rimasto quasi sempre là dove ci sono le bocche all’interno della struttura craterica sommitale, l’energia liberata e la frequenza delle esplosioni sono variate anche significativamente.
Pertanto, si può definire come normale attività strombolianaquella che è anche la più frequente: esplosioni dalla terrazza craterica, che producono la proiezione in aria di brandelli di lava, gas, lapilli e ceneri fino a poche centinaia di metri di altezza, materiali che poi ricadono in prevalenza all’interno della stessa terrazza dalla quale sono fuoriusciti.
Tale attività non rappresenta un pericolo per gli abitanti dell’isola, né per gli scienziati e i turisti che transitano lungo i sentieri che portano in cima al vulcano, fino al Pizzo sopra la Fossa, un "belvedere naturale" a quasi 900 metri di quota, al di sopra della terrazza craterica.
ESPLOSIONI PERICOLOSE. A volte, però, le esplosioni possono essere molto più intense: sono quelle chiamate esplosioni maggiori.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze è assolutamente impossibile fare previsioni sulla possibilità che si verifichi un'esplosione maggiore: quello che sappiamo è che sono avvenute quattro volte nella seconda metà del 2017 (27 luglio, 23 ottobre, 1 novembre 1 dicembre) e quattro volte nei primi quattro mesi del 2018 (7 e 18 marzo, 24 e 27 aprile).
In questi casi si hanno ricadute di bombe vulcaniche (si definiscono così le "gocce" di lava ardente con diametro maggiore a 60 mm), lapilli e frammenti rocciosi anche abbastanza grandi che possono arrivare in prossimità del Pizzo sopra la Fossa e sui sentieri.
ERUZIONI MOLTO PERICOLOSE. Ci sono poi le esplosioni definite parossistiche, come quella del 3 luglio 2019: fenomeni decisamente violenti, improvvisi, che possono eruttare magma che risale molto rapidamente da grandi profondità.
Queste eruzioni lanciano in aria bombe vulcaniche, lapilli incandescenti e frammenti di roccia fino a qualche chilometro di altezza, con ricaduta di materiali fino ad alcuni chilometri dalle bocche eruttive. In alcuni casi il materiale eruttato è ricaduto al suolo formando valanghe incandescenti lungo i fianchi del vulcano, fino al mare (è accaduto nel 1930): un evento del genere è, in effetti, molto pericoloso, ma anche poco frequente (sembra che eventi di questo genere accadano a intervalli nell’ordine delle decine di anni).
FOTOGRAFIE DEL VULCANO. Nonostante Stromboli sia studiato da anni, non lo si conosce a fondo. Due dei lavori più importanti realizzati negli ultimi mesi sono quelli di Domenico Patanè, dirigente di ricerca dell’INGV-OE, pubblicato su Geophysical Research Letters, e la muografia del vulcano, frutto della collaborazione di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’INGV, in collaborazione con Istituti di ricerca giapponesi, che ha permesso di comporre un "quadro del vulcano" estremamente approfondito.
LA TOMOGRAFIA DEL VULCANO. Il lavoro di Patanè ha permesso di definire, con precisione, il sistema di alimentazione e la geometria della camera magmatica, grazie alla tomografia ad alta risoluzione (che funziona con principi analoghi a quelli della tomografia diagnostica). Spiega lo scienziato che «il progetto è nato dalla necessità di conoscere la struttura interna del vulcano, per cercare di definire il sistema di alimentazione e provare a individuare la camera magmatica».
Per questo studio sono state installate sull’isola 20 stazioni sismiche, in aggiunta alle 13 della rete sismica permanente, integrate da 10 sismometri per fondali marini (Ocean-Bottom Seismometers, OBS) che hanno permesso, per la prima volta, l’esplorazione anche della parte sommersa del vulcano.
«In questo modo siamo riusciti a definire, per la prima volta, la geometria della camera magmatica superficiale dello Stromboli, localizzata tra 2 e 4 km di profondità sotto il livello del mare, estesa dall’isola di Stromboli fino allo Strombolicchio», spiega Patané. «Il Faraglione Strombolicchio è il “camino centrale” (neck) dell’antico vulcano emerso circa 200.000 anni fa a nord-est dell’isola attuale dello Stromboli, oggi quasi totalmente eroso dagli agenti esogeni. Le immagini sismiche mostrano il suo sistema di alimentazione più profondo, che collega la camera magmatica con il neck di Strombolicchio.»
«La ricerca non ha avuto ulteriori evoluzioni», dichiara Patanè a Focus.it: «quel lavoro ci ha dato una fotografia importante dello Stromboli, e avrebbe dovuto essere una base per ulteriori studi, soprattutto per capire come è fatto il vulcano a maggiori profondità. Al momento, però, non ci sono le condizioni per proseguire, anche perché è molto complessa e andrebbe condotta anche in mare.»
LA MUOGRAFIA DEL VULCANO. Anche la radiografia muonica, una "radiografia" del vulcano con rilevatori di muoni (particelle prodotte quando i raggi cosmici provenienti dallo spazio interagiscono con l’atmosfera terrestre), per ricostruire la struttura interna del vulcano, ha permesso di avere un quadro migliore dalle caratteristiche sommitali dello Stromboli.
Anch’essa, però, non ha avuto seguito: entrambi i lavori restano "appesi", sono come due tasselli di un'immagine che attende di essere completata e composta.
Impossibile dire se proseguengo le due linee di ricerca si potrebbe arrivare a una comprensione del vulcano che addirittura permetta di prevedere eruzioni simili a quelle del 3 luglio. Sappiamo per certo che possono avvenire, ma come e quando è, al momento, impossibile a dirsi.
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