L'alpinismo deve tenere conto di un ambiente di montagna in continua mutazione a causa dei cambiamenti climatici.
Cambiamenti climatici - Le montagne sono ambienti sempre più pericolosi per l'alpinismo, a causa dello scioglimento dei ghiacci prodotto dall'aumento delle temperature.
Quasi ovunque nel mondo l'alpinismo d'alta quota è un'attività sempre più pericolosa a causa dei cambiamenti climatici. L'allarme non arriva dalle guide alpine, né da alpinisti di vario livello, ma da esperti e scienziati che tutti dovrebbero ascoltare. Frane e valanghe diventano sempre più frequenti anche dove mai prima si verificavano: parliamo di sport e di sfide, tralasciando per l'occasione ciò che questo significa per l'ambiente e le popolazioni. Per quanto riguarda le sfide, i cambiamenti mettono a rischio chi fa alpinismo su pareti di roccia e ghiaccio, molto più a rischio che non decenni fa.
L'allarme sui cambiamenti della montagna è stato uno dei temi del recente meeting della Union Internationale des Associations d'Alpinisme (UIAA), che naturalmente si occupa anche di sicurezza in montagna. Uno degli studi presentati ha passato in rassegna molti itinerari di salita del Monte Bianco, che negli Anni Settanta erano ritenuti sicuri o abbastanza sicuri (per alpinisti preparati), ora non lo sono più, e alcuni si sono dovuti abbandonare per sempre per la loro pericolosità. Jacques Mourey (Université Grenoble Alpes) scrive su Arctic, Antarctic and Alpine Research che «i periodi durante i quali molte vie alpinistiche possono essere scalate in buone condizioni si sono spostati dall'estate alla primavera o all'autunno, perché durante la stagione più calda sono diventate pericolose e tecnicamente più impegnative».
LA SCOMPARSA DEL PERMAFROST. Uno studio del 2017 su diversi massicci del Monte Bianco aveva già messo in luce un significativo degrado del permafrost, causa prima del pericolo di frane su pareti rocciose un tempo ritenute estremamente sicure. La questione non riguarda solamente il Monte Bianco: numerose arrampicate su ghiaccio di vie classiche nelle Alpi orientali sono state pesantemente caratterizzate da caduta di massi e pietre durante l'estate e l'inizio dell'autunno 2019 - una situazione che deve essere tenuta in seria considerazione dagli escursionisti di ogni genere.
OLTRE LE ALPI. Un aiuto per comprendere come le montagne siano "cambiate" viene dai libri: in particolare dalle guide alpinistiche scritte nel corso dei decenni. Spiega il geografo Arnaud Tremme (Wageningen University, Paesi Bassi): «La guida più antica tra le dozzine d'uso più frequente per studiare le salite è stata scritta oltre 145 anni fa: leggendo la descrizione di quelle vie si comprende subito come e quanto siano mutate nel tempo». Anche la tecnologia aiuta: sul Cervino sono stati posti numerosi sensori per rilevare lo stato delle pareti e dai dati è evidente quanto il cambiamento sia stato veloce e profondo - e alcune vie alpinistiche non dovrebbero più essere percorse.
Ghiacciaio di Planpincieux: le frecce indicano la linea di frattura tra il corpo del ghiacciaio (stabile) e il fronte (che si è staccato e scivola verso valle). Per approfondire: il monitoraggio del ghiacciaio di Planpincieux. |
Dall'altra parte del mondo succede uguale: sulle montagne neozelandesi, per esempio, le salite sull'Aoraki Mount Cook sono diventate più complesse e pericolose. Stessa cosa per molte vette nel nord-ovest del Pacifico degli Stati Uniti: in alcuni caso non è più possibile arrampicarsi.
Meno accentuata è la situazione sull'Himalaya, anche se, secondo Tshering Pande Bhote, vicepresidente della Nepal National Mountain Guides Association, si registra un aumento nell'apertura di crepacci, probabilmente per via della maggiore fusione del ghiaccio a contatto con la roccia. E cosa del tutto nuova, anno dopo anno, sono evidenti sempre più laghetti che si formano sul ghiacciaio del Khumbu, alla base dell'Everest, e questo indubbiamente a causa della rapida fusione in atto del ghiacciaio stesso.
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