Passa ai contenuti principali

Incendi in Australia: un assaggio di futuro

Il global warming aumenta il rischio di roghi estesi: condizioni meteo come quelle che hanno favorito gli incendi in Australia sono sempre più comuni.

Incendi in Australia: foto dalla ISS
"Una immensa nube di cenere copre l'Australia mentre voliamo verso il tramonto": Luca Parmitano fotografa e commenta gli incendi in Australia dalla ISS.

Gli incendi in Australia sono un anticipo di quello che ci aspetta in un mondo 3 °C più caldo rispetto all'era pre-industriale: lo affermano gli scienziati del Met Office britannico, il servizio meteorologico nazionale del Regno Unito, autori di una revisione di 57 studi sul rapporto tra incendi e cambiamenti climatici.

Tutti i dati raccolti finora provano che il riscaldamento globale ha già aumentato frequenza e intensità del cosiddetto fire weather, cioè la combinazione di alte temperature, ridotta umidità, forti venti e bassa piovosità che aumenta il rischio di propagazione di incendi su larga scala. Secondo l'analisi, la durata di queste stagioni favorevoli ai roghi estesi si è allungata dal 1979 al 2013, e non per fluttuazioni naturali, ma a causa dell'aumento delle temperature causato dalle attività umane.
ALTAMENTE INFIAMMABILE. Gli estremi climatici che hanno preceduto gli incendi in Australia - il 2019 è stato l'anno più caldo e più secco mai registrato nel Paese - saranno la normalità in un mondo apparentemente incapace di accordarsi per limitare le emissioni. L'Australia è oggi 1,4 °C più calda rispetto alle temperature medie globali dell'era pre-industriale. Con un aumento di 2 °C dovuto al global warming, il sud-est del Paese dovrebbe affrontare ogni anno dai 20 ai 30 giorni extra di condizioni climatiche fortemente favorevoli alla diffusione di incendi incontrollabili.

Attualmente, le temperature globali sono di circa 1 grado più calde rispetto alla metà del 1800. «Questi sono gli impatti che vediamo con solo un grado di global warming - afferma Corinne Le Quéré, dell'Università dell'East Anglia, tra gli autori dello studio - gli effetti peggioreranno, se non facciamo ciò che occorre per stabilizzare il clima mondiale.»


COMBINAZIONE ESPLOSIVA. I fenomeni meteo naturali come il Dipolo dell'Oceano Indiano (IOD), che porta aria secca sulle coste australiane e che è stato nell'ultimo anno insolitamente intenso, hanno senz'altro avuto un ruolo importante nel creare le condizioni ideali per la propagazione degli incendi in Australia. Ma l'apporto del riscaldamento globale non è per questo da sottovalutare: «Gli incendi si sarebbero verificati naturalmente, ma possiamo dire con certezza che sono stati resi più intensi a causa dei cambiamenti climatici», è il commento di Richard Betts, del Met Office Hadley Centre di Exeter.

COME UN VULCANO. Intanto, alcune stime preliminari del Naval Research Laboratory statunitense sostengono che la quantità di ceneri sollevata dagli incendi in Australia fino nella stratosfera dai piro-cumulonembi (le tempeste innescate dai roghi) sia equivalente a quella che emetterebbe un'eruzione vulcanica di scala moderata.

Si stima che soltanto negli ultimi 4 giorni di dicembre, in Australia si siano generati almeno 20 di questi sistemi temporaleschi dovuti all'ascesa di fumo e aria calda. Alcuni di essi sono riusciti a spingere le ceneri fino a 10-50 km di quota, creando un pennacchio che ha attraversato l'Oceano Atlantico verso est e che dovrebbe completare il giro della Terra tornando al punto di partenza in pochi giorni.

A parlare di "scala vulcanica" è stato il meteorologo David Peterson, che afferma che, in termini di fumo emesso nella stratosfera, gli incendi in Australia sono da considerare uno degli eventi peggiori di sempre - un riscontro confermato anche dagli astronauti che in questi giorni li osservano dalla ISS.


TRACCIA DURATURA. Le conseguenze di queste ceneri sul clima non sono ancora note: le emissioni vulcaniche su larga scala possono avere un effetto raffreddante, ma la chimica degli aerosol trasportati dai piro-cumulonembi è diversa e ancora poco studiata, e potrebbero portare sia a un calo, sia a un rialzo (comunque locali) delle temperature. I detriti di materiale bruciato possono rimanere in stratosfera a lungo, anche per mesi, secondo Peterson, perché a quell'altezza sono riscaldati dal Sole, che li porta a fluttuare ancora più su, prolungando la loro permanenza in quota.


Commenti

Post popolari in questo blog

CoViD-19: un nuovo studio sui danni cardiaci

  Uno studio denuncia i danni provocati dal virus della covid su colture di cellule cardiache umane: un esperimento di laboratorio che deve però essere verificato. La CoViD-19, da tutti nota per essere una patologia polmonare, causerebbe anche danni al cuore: su questo aspetto della malattia, ancora poco noto e sul quale si sta  ancora studiando , indaga  uno studio preliminare , non ancora verificato in peer review, ma «dovevo pubblicare ciò che ho scoperto!», ha dichiarato Todd McDevitt, uno degli autori della ricerca. Gli esperimenti effettuati in vitro dai ricercatori restituiscono un quadro poco roseo: il SARS-CoV-2, il coronavirus che causa la covid, danneggerebbe le fibre muscolari che permettono al cuore di battere, fino a  ridurle in pezzettini . «Una carneficina di cellule umane», l'ha definita Bruce Conklin, uno degli autori. MUSCOLI SOTTO ATTACCO.  È importante sottolineare che  lo studio è stato effettuato su campioni di cellule in vitro . I ricercatori hanno analizzat

Le idee di Darwin per rigenerare le foreste

  Più di un secolo fa, Darwin suggerì un metodo alternativo per ripiantare le foreste, e ora lo stiamo finalmente ascoltando.     La foresta di Białowieża, in Polonia.  L'origine delle specie  è uno dei libri più famosi, influenti e importanti dei nostri tempi – un'osservazione forse non particolarmente originale, ma indiscutibile. Il saggio di  Charles Darwin  pubblicato nel 1859 ha cambiato il nostro modo di vedere il mondo e soprattutto i viventi, e contiene una quantità infinita di idee e spunti che sono stati poi approfonditi nei successivi 150 anni, andando a costituire la base della teoria evoluzionistica (e non solo). RIFORESTAZIONE E GAS SERRA.  Si tratta di un libro talmente denso che ancora oggi, rileggendolo, scopriamo passaggi illuminanti: è quanto raccontano su  The Conversation  Rob MacKenzie e Christine Foyer dell'Università di Birmingham, che si occupano rispettivamente di atmosfera e di piante. I due docenti raccontano che  L'origine delle specie  cust

Le nuove immagini della nebulosa dell'Aquila

Li chiamano i pilastri della creazione, perché là stanno nascendo nuove stelle e quindi nuovi pianeti. Sono alcune parti della nebulosa dell'Aquila. Il telescopio Hubble li ha fotografati più volte, la prima volta nel 1995. E ora a 20 anni di distanza le nuove foto sono davvero bellissime. E spiegano che cosa sta succedendo in una nursery stellare. Per festeggiare i suoi primi 25 anni di lavoro ( l'anniversario sarà il 24 aprile ),  il telescopio Hubble ha scattato una nuova immagine dei cosidetti  "Pilastri della Creazione"  che si trovano nella Nebulosa dell'Aquila e che furono fotografati per la prima volta nel 1995. La prima foto delle tre enormi e dense colonne di gas e polvere interstellari che racchiudono migliaia di stelle in formazione, è stata giustamente definita una delle 10 migliori immagini scattate da Hubble (vedi gallery sotto). Ma non è soltanto magnifica: ha contribuito ad aumentare notevolmente la nostra comprensione dei fenomeni di