Dalla tubercolosi a varie forme di tumori, si moltiplicano gli studi e i progetti per testare l'impiego di cani (ma anche ratti africani) nella diagnosi.
Un ratto addestrato per l'individuazione di mine antiuomo.
Un gruppo di roditori - i ratti giganti del Gambia (Cricetomys gambianus) - sono i primi animali in servizio effettivo come "sniffatori" di malattie. Fanno parte di un programma gestito da Apopo, un’organizzazione belga che addestra ratti a fiutare per scopi umanitari, dalla rilevazione delle mine alla diagnosi di patologie in paesi poveri.
L'ODORE DELLA TBC. In Tanzania, i ratti vengono utilizzati per fare un doppio check dei pazienti risultati positivi al test tradizionale per la tubercolosi, e per cercare di individuare quelli che sono sfuggiti alla diagnosi con il metodo normale. Annusano nei pozzetti di una griglia campioni della saliva e dello sputo dei pazienti e, mentre non si soffermano su quelli sani, se sentono quello che per loro è l'"odore" della tubercolosi, si fermano e iniziano ad annusare con forza. Sono stati addestrati per questo.
Il programma, di cui parla questo articolo su Mosaic, è iniziato tra lo scetticismo dei medici per cercare di migliorare la precisione delle diagnosi di tubercolosi, malattia assai diffusa in questa regione, in cui però mancano i mezzi per tecniche di analisi più moderne e costose. Con il test tradizionale, non più del 60% dei pazienti viene identificato correttamente.
L'ESAME FINALE. Il problema è aggravato dal fatto che molti dei malati di tubercolosi sono anche positivi all'HIV, e in questo caso la percentuale di diagnosi corrette scende ulteriormente, non superando il 20%. L'addestramento di ciascun ratto dura circa nove mesi. Per superare l'esame ed entrare nel programma gli vengono presentati 30 campioni, 8 dei quali positivi: ne deve identificare correttamente almeno sette su otto.
RATTI ANTI-MINE. L'idea di utilizzarli per la tubercolosi è venuta dopo il successo di un programma in cui gli animali erano stati addestrati a riconoscere le mine, messo in atto in molti paesi, dall'Angola al Mozambico, dalla Cambogia al Vietnam e alla Tailandia. Ma i ratti non sono gli unici animali presi in considerazione per un arruolamento nelle file di diagnosti. Da diversi anni viene studiata la capacità dei cani di riconoscere tumori.
I PRIMI CASI. Venticinque anni fa, la rivista medica Lancet riportò il caso di una donna il cui cane le annusava in continuazione un neo sulla sua gamba. Quando se lo fece controllare, risultò che era un melanoma. Un caso simile venne riportato pochi anni dopo: anche in quel caso, il cane di casa, un labrador, mostrando una reazione strana verso quello che era stato diagnosticato come un eczema sulla gamba del suo padrone, l’aveva indotto a ulteriori indagini mediche che poi avevano rivelato un tumore maligno.
CANI DIAGNOSTI. Da questi aneddoti nacque l'interesse e la curiosità di scoprire se davvero i cani potevano essere in grado di riconoscere i tumori. In Gran Bretagna, la Medical Detection Dogs è stata fondata da uno degli autori del primo articolo su Lancet, John Church, per fare ricerca sulle capacità dei cani di diventare assistenti medici in grado di annusare situazioni pericolose, dall’abbassamento eccessivo della glicemia di un paziente diabetico alla presenza nell'aria di sostanze in grado di scatenare una reazione allergica nei pazienti sensibili.
ADDESTRAMENTI IN CORSO. Secondo una serie di studi pubblicati, che hanno riguardato cancro della vescica, del colon, dell'ovaio e della prostata, i cani sono davvero in grado di riconoscere i tumori, e la loro accuratezza migliorerebbe a seconda del protocollo di addestramento usato. Uno degli studi più ampi è stato condotto in Italia.
Gianluigi Taverna, urologo dell'Humanitas di Milano, ha organizzato alcuni anni fa uno studio presso il Centro veterinario militare di Grosseto in cui alcuni cani hanno riconosciuto tumori della prostata dai campioni di urine di 900 persone, normali e malate, con un livello di successo di quasi il 98%. Mentre il ramo italiano della Medical Detection Dogs, che ha sede a Milano, ha in corso uno studio per verificare la possibilità che i cani riescano a identificare tumori del polmone da un campione di urina.
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