La memoria del coronavirus persiste in anticorpi e cellule B e T anche per 8 mesi dai primi sintomi: un indizio di immunità prolungata.
Di covid ci si può riammalare? La domanda risuona, senza risposte definitive, dall'inizio della pandemia. Gli studi sull'immunità naturalmente sviluppata dopo l'incontro con altri coronavirus (quelli stagionali) fanno pensare a una protezione transitoria, destinata ad affievolirsi nel tempo. Sappiamo poi che le reinfezioni sono possibili, ma rare - proprio per la loro eccezionalità fanno ancora notizia. D'altro canto diversi studi che hanno seguito nel tempo le persone guarite da CoViD-19 hanno certificato la presenza di un "ricordo immunitario" del SARS-CoV-2 anche dopo mesi dall'infezione originaria.
ALMENO QUALCHE MESE. In quest'ultimo filone di ricerche si inserisce un lavoro pubblicato su Science che ha misurato per mesi la concentrazione di anticorpi e altre cellule immunitarie in oltre 180 pazienti statunitensi guariti dalla covid. Secondo lo studio, la risposta immunitaria dei pazienti al virus è rimasta misurabile fino a 8 mesi dalla comparsa iniziale dei sintomi.
La scoperta è interessante soprattutto per due motivi. Il primo è che il 93% dei pazienti monitorati aveva contratto la malattia in forma lieve: la possibilità che anche i reduci da infezioni meno gravi possano sviluppare un'immunità di lunga durata è quella sulla quale circolano i dubbi maggiori. La seconda è che nell'analisi sono state considerate diverse componenti del sistema immunitario, e ciascuna ha mostrato un andamento diverso nel tempo.
CHI SCENDE E CHI SALE. Gli scienziati dell'Università di San Diego, California e dell'Icahn School of Medicine di Mount Sinai, New York, hanno studiato la risposta umorale (quella che include la produzione di anticorpi) e cellulo-mediata (quella che avviene attraverso i linfociti B e T) in un totale di 254 campioni di sangue raccolti da 188 pazienti tra 6 giorni e 8 mesi dai primi sintomi di covid. Tra questi campioni, 43 sono stati prelevati dopo 6 mesi e oltre l'esordio dell'infezione.
Gli anticorpi in risposta al coronavirus SARS-CoV-2, inclusi quelli diretti contro componenti della proteina Spike, hanno iniziato a mostrare un lieve declino tra i 6 e gli 8 mesi dall'inizio dei sintomi. I linfociti T, incaricati di neutralizzare le cellule infette, sono lentamente calati nel tempo - con un'emivita, cioè il tempo necessario per ridurre a metà la loro concentrazione, di 3-5 mesi. Fin qui niente di strano: spariti virus e cellule infette, non c'è più bisogno di questo tipo di difese. Al contrario le cellule B, incaricate di produrre più anticorpi in risposta a un virus ormai conosciuto e identificato come ostile, sono progressivamente aumentate: erano più abbondanti dopo sei mesi che dopo il primo mese dai sintomi.
SEGNALI INCORAGGIANTI. Anche se non è possibile trarre conclusioni dirette dallo studio, perché al momento non sono ancora stati definiti con precisione i meccanismi di protezione immunitaria contro il SARS-CoV-2, «i risultati indicano che un'immunità duratura contro una seconda infezione da SARS-CoV-2 sia una possibilità per la maggior parte delle persone». Le conclusioni riguardano esclusivamente l'immunità naturale, che varia da persona a persona perché legata alle caratteristiche del sistema immunitario, e non quella offerta dai vaccini, sulla cui durata non ci sono al momento informazioni precise.
https://www.focus.it/scienza/salute/quanto-dura-immunita-naturale-alla-covid
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